martedì 16 luglio 2013

Favola (Mille e una notte Style) 12

Nuovamente la cuoca le fu di aiuto. Non chiese nulla ma il suo sguardo, se Seth non fosse stata così concentrata, le avrebbe rivelato che la donna immaginasse qualcosa.
In breve fu nella grotta, aprì il varco e cominciò la discesa, non senza un certo disgusto per le velature che blandamente scendevano dal soffitto, composte da una fitta trama di ragnatele. In cuor suo sperava solamente di non incontrarne l'autore. Leggeri fruscii la riempivano di dubbi sulla sua iniziativa, ma il cuore, incapace ormai di mentirle, la spronava a proseguire e anche velocemente.
Il corridoio sembrava non finire mai, la prima parte, scavata nella roccia, in alcuni punti la costringeva quasi a strusciare contro le pareti, ma terrore e disgusto le facevano ritrarre ancor più la sua slanciata figura. Finalmente giunse alla parte del corridoio costruita dall'uomo e proseguì speditamente fino alla porta, notando subito la nicchia con le statuette da premere. Per prima andava abbassata la figura centrale, una snella gazzella vista di profilo e girata verso occidente. Poi l'elefante alla sua sinistra, che reagì alla sua pressione, non calando come l'altra ma bensì alzando la proboscide verso l'alto. Infine, all'estremità destra una scimmia, che dopo essere stata toccata, ruotò verso la gazzella. Il bibliotecario, durante la spiegazione accennò anche al significato della scena che risultava alla fine e Seth non aveva potuto fare a meno di arrossire e distogliere lo sguardo. Adesso, dopo aver visto il varco aprirsi, si congedò dal gruppetto di pietra strizzandogli l'occhio con complicità ed entrò nella prima stanza.
La torcia ne illuminava solo una parte, ma fu sufficiente per farle cacciare un urlo, che cercò quasi subito di soffocare con l'altra mano. Già rimpiangeva le carezze delle ragnatele, per altro presenti anche in questo nuovo ambiente. Teschi, femori, costole, qualsiasi tipo di osso umano era accatastato in un blasfemo amplesso che impediva di distinguere l'unità dei corpi. Brandelli di tessuti dai più ricchi ai più grezzi, resti di calzature e altri residui umani coprivano ogni angolo. Dall'apertura di un bacino uno sguardo che se umano avrebbe rappresentato fastidio, la fissò per un tempo sufficiente per essere ricordato negli anni, poi il grosso topo nero se ne andò chissà dove nel buio.
Avrebbe dovuto fare solo pochi metri per raggiungere la porta che dava nel magazzino, ma ciò comportava dimenticare decine di racconti sentiti da bambina, ignorare innumerevoli precetti e superstizioni sul culto dei morti e sulle loro anime e soffocare il disgusto e il terrore ad ogni passo. L'alternativa era tornare indietro, abbandonando Pauli al suo destino per venire in seguito con qualche aiuto. Ma se poi si fosse rivelato troppo tardi? Se l'avessero trovato morto, il corpo straziato da orribili torture? Sentiva che non avrebbe potuto perdonarsi la sua perdita, non solo come essere umano e come amico quale lo aveva accolto a palazzo, ma per un qualcosa di ancora non ben definito che sentiva bruciare dentro di lei quando lo pensava, una sensazione sopita da tempo, risvegliatasi nelle poche ore in cui erano stati insieme.
Proseguì.
Scricchiolii di ossa frantumate, fruscii, rumori di ogni genere amplificati dal buio che si richiudeva dietro di lei ad ogni passo. Poi, finalmente, la porta e la nuova nicchia con il codice da comporre.
Ai lati due delicate tortore si girarono dall'esterno verso l'interno, al centro, dal fondo, quelli che sembravano chicchi di grano, si rivelarono la cresta di un maestoso serpente che al suo tocco si erse poderoso fra le due figure. Ignorò l'allegoria della scena e quasi si tuffò nel magazzino che si aprì davanti a lei. Batté contro lo spigolo di una grande cassa, incespicò nella sua veste rimasta impigliata in un chiodo sporgente e cadde seguita dal rumore di uno strappo.
Rialzatasi prontamente verificò i danni: cosa più importante, la torcia era rimasta accesa, lei aveva subìto una forte contusione su un fianco, segnalata da un'ombra di terriccio e i larghi e sottili pantaloni che indossava erano distrutti, tanto che dovette finire di strapparli per muoversi senza impedimenti. Le rimaneva solo il perizoma di perle che in altri momenti le aveva procurato brividi di piacere muovendosi fra le natiche. Si ritenne soddisfatta per come era andata e proseguì la sua esplorazione verso la sala delle torture.

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