giovedì 8 marzo 2007
York il mattiniero
Era un tonno come tutti gli altri, ma, si sa, i cammellini di mare hanno un carattere troppo suscettibile per poterli interessare a certe cose. Specialmente York. Era stato in Vietnam, è vero, ma con tutto ciò era molto difficile scusarlo. Già nel ’53 aveva avuto una discussione di questo tipo con un geometra di Gubbio: fu ricoverato con 47 giorgi di riposo per calli alle mani, mentre York non riportò che qualche lieve escoriazione. Comunque quella volta il cinese c’era, e non avrebbe potuto fallire. Gli uccelli volavano alti nel cielo terso di Ostia, il vento soffiava leggero. Un brivido gli corse su per la schiena, gli occhi cominciarono a bruciargli, le guance erano ormai rosso sangue. Si udì un colpo in lontananza, dei passi svelti che facevano cigolare il selciato. Dalla nebbia sbucò John, la faccia che grondava sangue, le mani strette ancora in una morsa d’acciaio. Era troppo anche per un negro, ma nessuno se ne rese conto subito. Il maggiordomo confessò due mesi più tardi, ma non servì a molto, il carcere gli aveva segnato anche la faccia oltre all’anima, non sarebbe più stato in grado di giocare a tennis come vent’anni prima.
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