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Il corpo di Seth fu come veliero cullato dai flutti, si alzava e abbassava seguendo la cadenza delle onde, il timone a guidare sicuro verso un approdo di piacere. Le mani di Pauli le carezzavano i seni per poi scendere lungo i fianchi come l'acqua che dalla prora venga spartita lungo i lati della chiglia. Le vele della veste gonfiate dal vento, la muscolatura tesa come il sartiame a sostenerne lo sforzo. La stiva riempita e svuotata metodicamente ad ogni viaggio col carico perfettamente calcolato e bilanciato. La curva infossata della schiena raccoglieva stille di sudore come spuma del mare sul ponte, i suoi occhi erano le stelle che danno sicurezza al marinaio nel buio della notte. Talvolta il ritmo era quello durante la tempesta, le mani si avvinghiavano ai sostegni, i corpi saldati dall'impeto della natura, il pennone che sembrava affondare negli abissi più profondi per poi riemergere irrorato per la sua lunghezza dal deliquio dei sensi. Quindi la calma della risacca permetteva il rilassamento dell'imbarcazione, mani esperte si accertavano delle condizioni della scafo e della polena, altre verificavano che l'alberatura sopportasse la violenza di un altro fortunale.
Così finalmente mentre l'uno realizzava un sogno a lungo cullato, l'altra sentiva di aver trovato finalmente un porto sicuro in cui abbandonarsi dopo una faticosa navigazione.
Il piacere esplose quindi per entrambi all'unisono, uniti in un'unica scossa finale, gli umori che si mescolarono in un ulteriore amplesso primordiale.
Uscito dal suo scrigno, Pauli girò Seth e le avvolse le mani a coppa sotto il volto per suggellare con un lungo bacio il delirio che li aveva travolti entrambi.
Non è dato sapere quanto rimasero sotto il cielo stellato in dolci conversari, l'alba però li colse ancora stretti l'un l'altra sulla terrazza, lasciati soli dalla benevolenza del Visir che aveva messo due guardie per impedire che inopportuni li potessero interrompere.
Ristoratisi con un'abbondante colazione dovettero ancora dividersi perché le convenzioni non permettevano loro di abitare nelle stesse stanze. Dopo aver interrogato i due separatamente, il Visir acconsentì alla loro unione e fu quindi ovviato anche a questo inconveniente. Pauli fu dotato di alcune cariche ufficiali, fra le quali il titolo di Gran Organizzatore dei Decori, delle Arti, degli Intrattenimenti, dei Festeggiamenti, degli Spettacoli e delle Cene, con grande gioia di Seth che non perdeva occasione per aiutarlo nella creazione degli eventi di corte. Il personale a loro disposizione e il denaro erano abbondanti e per loro fortuna disponevano sempre del tempo necessario per preparare tutto con calma, perché si sa, i due erano giovani e i loro sensi difficilmente si placavano col calore delle giornate, per cui durante la scelta di un fregio di una sala o nella composizione di un centrotavola per un rinfresco, ci scappava sempre un bacio e una carezza di troppo e potete facilmente immaginare come andasse a finire…
FINE
Finalmente i due poterono rincontrarsi dopo il tramonto nelle sale adibite ai festeggiamenti, ma non fecero in tempo a sfiorarsi che vennero separati da nobili e cortigiani che volevano conoscere nei dettagli la loro avventura. Da lontano si lanciarono sguardi colmi di desiderio e di promesse, ma soltanto al momento della cena si ritrovarono seduti vicini, accanto al Visir. Le mani si cercarono colte da frenesia, le dita si intrecciarono per un breve istante. Poi le portate cominciarono ad arrivare e il viavai dei servi consentiva solo fugaci sfioramenti, mentre vassoi colmi di prelibatezze inondarono la sala di profumi. Timballi, arrosti di cacciagioni pregiate, pesci di mari lontani e sconosciuti, torte dolci e salate, frutti meravigliosi…
Inebriato dalla passione Pauli immaginava ogni salsa che versava sulle pietanze di farla colare sui capezzoli eretti di Seth, per poi vederla scendere come lava bollente da un vulcano lungo la pienezza dei suoi seni. Le creme si vedeva a spalmarle sulle sode natiche dell'amata, mentre avrebbe bevuto i nettari fruttati dopo averli fatti mescolare agli stordenti umori del suo sesso. Mentre fantasticava su ciò, sentì un risolino sommesso e voltatosi verso la giovane vide che stava facendo roteare una piccola ciambella intorno all'indice e al contempo ne guardava la virilità già sufficientemente stimolata. Arrossì, ma non resistette alla tentazione di rubare quanto offerto, strusciando mollemente le labbra lungo il dito durante il furto. Con sguardo complice Seth fece scendere velocemente la mano aperta verso il grembo accennando un rapido movimento con l'indice stesso socchiudendo gli occhi.
La cena sembrava non finire più, decine di piatti continuavano ad affluire, i presenti si avvicinavano in processione ad omaggiare il Visir e i suoi ospiti, perdendosi in estenuanti lodi di ammirazione e meraviglia, finché, con grande sollievo di Pauli che non era abituato a simili maratone, fu dato inizio alle danze. Il giovane però non poteva immaginare che insieme all'amata sarebbe stato ancora al centro dell'attenzione e, suo malgrado, fu costretto a partecipare a un'attività che mai lo aveva interessato, se non come spettatore durante qualche spettacolo di ballerine velate… Non solo giovani prosperose, ma anche vecchie cascanti e dai trucchi improbabili se lo contesero e dovette subire la doppia tortura di vedere Seth passare fra le braccia di muscolosi mercanti e decrepiti e sbavanti nobili attempati.
Per fortuna, dopo molteplici giravolte, il maestro di cerimonia fermò i suonatori per presentare un gruppo di ballerine che avrebbe permesso agli astanti di riposare godendosi lo spettacolo.
Al loro ingresso fu chiaro che anche per Pauli il diversivo sarebbe apparso più che interessante, ma non era ancora entrata l'ultima ragazza che si sentì strattonare per un braccio e sentì Seth sussurragli che sarebbe uscita sulla grande terrazza per prendere un po' di fresco. Lo sguardo aggiungeva senza ombra di dubbio che lui avrebbe dovuto seguirla e soprattutto di distogliere immediatamente gli occhi da quell'immorale accozzaglia di svergognate seminude.
Così fece e, dopo aver controllato che nessuno lo notasse, raggiunse la principessa all'esterno.
Lì per lì non la vide, poi avanzando circospetto, ne notò in un angolo la chiara veste che si muoveva dolcemente nella brezza notturna illuminata dalla luna. Appoggiata alla balaustra era quanto di più invitante potesse immaginare: un momento vaste porzioni di pelle ammiccavano lucide di oli e di una leggera patina di sudore, il momento successivo i fianchi e le cosce erano perfettamente disegnati dal tessuto incollato al corpo.
Rapito da tanta bellezza si accostò in silenzio alle sue spalle, facendo scorrere le mani lungo i suoi fianchi e proseguendo massaggi e carezze lungo la schiena, stuzzicandola con piccoli baci che la facevano rabbrividire attraverso il tessuto. Seth cominciò allora un lento movimento rotatorio del bacino, quasi a saggiare la consistenza di quanto sentiva premere contro di sé. Poi, ridendo in cuor suo per aver pensato alle ballerine come delle svergognate, fece scivolare una mano nelle brache del giovane e ne estrasse il sesso infuocato. Con gesti che le erano sconosciuti ma che si rivelarono naturali, lo introdusse dentro di sé senza voltarsi, accogliendolo nel miele del suo piacere che già le traboccava dalle labbra.
Lo sguardo di Seth passò rapidamente dal cadavere del capitano al punto da cui era partita la freccia. Il Visir, consegnando la balestra al bibliotecario, ordinò con un gesto imperioso ai suoi soldati di arrestare le guardie traditrici, quindi si avvicinò ai due e con precisi colpi di pugnale recise le corde che li legavano insieme e coprì la ragazza con il suo mantello.
Era stato proprio il bibliotecario ad avvisarlo, dopo aver ripensato al dialogo con la Principessa e insieme avevano ricostruito l'accaduto e fatto una breve indagine sugli ultimi spostamenti dell'ufficiale, giungendo così in tempo nella sala delle torture per evitare il peggio.
Vennero prestate le prime cure a Pauli, seduto a terra appoggiato a un muro, occhi negli occhi con Seth che gli stringeva una mano fra le sue. Il Visir si scusò per i sospetti che erano ricaduti su di lui, suo ospite, dichiarò che avrebbe punito le guardie e anzi lo ringraziò perché col suo intervento aveva scombinato i piani del capitano che stava progettando un vero e proprio colpo di mano per prendere il potere. Il forziere con i gioielli rubati era stato trovato nei suoi appartamenti e sarebbe servito a finanziare l'operazione, corrompendo quante più persone possibile nel palazzo. Il giovane, ancora non completamente ripresosi dal trattamento e mancando di alcuni dettagli dell'accaduto, riusciva a stento a seguire il discorso, perso nella dolcezza dello sguardo dell'amata e con un unico desiderio, ovvero che il delicato tocco della sua mano fosse reale e non si rivelasse l'ennesimo sogno.
Furono organizzati grandi festeggiamenti per quella sera e nel frattempo a Pauli e al mercante fu assegnato un intero appartamento. Durante il bagno, mentre l'anziano raccontava le varie vicende dalla sua scomparsa, alcune schiave si presero cura di lui, lavandolo e massaggiandolo e provocandone l'inevitabile reazione fisica. A quel punto però sentiva come un colpo in testa e la sua mente prendeva a vagare sulle fattezze e sul corpo di Seth, riandando allo splendore del suo sorriso e alla sua pelle di seta, rinvigorendogli ulteriormente l'eccitazione. Balbettando delle scuse uscì rapidamente dalla grande vasca, lasciando le donne a darsi di gomito, ridendo impertinenti mentre indicavano il suo stato. Si rifugiò per qualche minuto in una stanza attigua e ne ritornò con aria più serena e indossando un paio di brache messe a disposizione insieme a un intero guardaroba dal Visir. Le schiave lo guardarono con disappunto e continuarono a scambiarsi baci e carezze fra di loro, mentre il mercante, sopraffatto dalle emozioni della giornata, sonnecchiava poco discosto.
Seth intanto, dopo un bagno ristoratore, era nel pieno del racconto dell'avventura occorsale, contornata dalle giovani addette alla sua persona, intente a massaggiarla con oli ed essenze profumate ma curiosissime di sapere ogni dettaglio. Cori di sospiri si levavano dal piccolo gruppo ad ogni bacio o carezza, gemiti di raccapriccio e ansia per la sorte di Pauli ad ogni colpo di frusta. La più giovane osò infine chiedere se la loro storia avrebbe avuto un seguito e la Principessa, con lo sguardo trasognato, rispose che sì, senza dubbio, già sentiva la sua mancanza e quindi…
Alle sue spalle la più anziana le ricordò di alcuni ricchi pretendenti che già si erano fatti avanti presso il Visir per ottenere i suoi favori, ma a nulla valse l'elencazione di convenzioni, usi, convenienze e quant'altro di burocratico atteneva la vita sentimentale di una giovane all'interno dell'aristocrazia, il solo ricordo delle labbra di Pauli sulle sue diventava una fortezza incrollabile.
Un attimo dopo sull'angolo dell'anticamera apparve il capitano con aria divertita. «Bene bene, i piccioncini si sono riuniti, adesso il divertimento sarà doppio…».
Cos'era successo? Purtroppo una guardia fra quelle fedeli all'ufficiale aveva visto entrare Seth nella grotta con la torcia e si era insospettito, si era affacciato e aveva seguito la ragazza nel sotterraneo fino alla prima stanza. Certo che stesse tramando qualcosa, pur non avendo ben chiara la situazione, era corso ad avvisare il suo comandante che era appena rientrato dalla torre sud. Insieme con gli altri uomini avevano rifatto tutto il percorso ed erano giunti proprio nel momento della liberazione e dopo averli lasciati illudere per qualche minuto erano usciti dal nascondiglio.
Furono legati insieme a un palo, non potevano vedersi ma con le mani riuscivano a sfiorarsi e quando una staffilata colpì Pauli al petto, Seth lo sentì irrigidirsi e inarcarsi e così per i colpi successivi. Poi il capitano andò di fronte a lei e cominciò a strusciarle il manico della frusta lungo le cosce, indugiando sul triangolo di perle e aumentando la pressione. La giovane cercò di sviarlo con i pochi movimenti che le erano consentiti, dall'altro lato Pauli, non sapendo cosa stesse succedendo, sfogava la sua impotenza maledicendo il loro aguzzino. Un preciso colpo di frusta lacerò la parte di veste ancora intatta e fece brillare una goccia di sangue sul seno sinistro. La mano a coppa lo strinse con violenza per avvicinarselo alla bocca mentre la lingua guizzava oscena. Come dopo il lento passaggio di una lumaca la piccola macchia rossa fu sostituita da una scia di saliva. Poi lo sguardo si alzò ad incrociare quello di Seth, che in un attimo lo vide passare dall'acceso desiderio a qualcosa di molto simile alla violenza mista a perversione. Staccatosi da lei finì di stracciare la poca stoffa rimasta e con un colpo secco le strappò l'unica difesa rimastale. Le perle schizzarono per la sala, tintinnando dapprima stoltamente gioiose per poi spegnersi ad una ad una come le ultime note di un rito funebre.
«Sono indeciso, mia cara, come puoi vedere dagli sguardi dei miei uomini anche loro, dopo di me, vorrebbero assaggiare le tue carni sode e non vedo perché non accontentarli, ma… ma il dubbio è se farli servire uno per volta lasciandoti legata al tuo amato, oppure se gettarti in pasto a loro tutti insieme… sai, normalmente non si accoppiano con principesse, sono abituati alle laide puttane dei bordelli, ma credo che anche tu sia in grado di soddisfarne cinque contemporaneamente…».
Detto ciò la frugò a lungo nell'intimità senza il minimo pudore né rispetto, quindi si diresse verso Pauli e gli passò quelle stesse dita sotto il naso. «Lo senti? Riconosci questo profumo? È eccitata… non sei l'unico in grado di scaldarla, in fondo non è che un grazioso animale con cui giocare un po'.». Quindi si infilò le dita in bocca assaporandole e scatenando la reazione del giovane che gli sputò in faccia. «Lecca questo bastardo! E poi preparati a bere il tuo stesso sangue se solo osi tocc…». Due manrovesci gli troncarono la frase a metà.
Tornato di fronte a Seth si slacciò la cintura e si calò le brache, esibendo una virilità mostruosa, non tanto per le inusitate dimensioni, quanto per la devastazione prodotta da una virulenta malattia presa anni addietro nel postribolo di un porto. La ragazza chiuse gli occhi mentre l'osceno serpente si apprestava a devastarla, ma un attimo prima che ciò avvenisse fu investita da un fiotto caldo sul viso. Spalancò gli occhi disgustata e vide il capitano con gli occhi sbarrati e increduli e una corta freccia uscirgli dalla gola. Pochi sommessi gorgoglii e il corpo stramazzò a terra privo di vita.
Era appena sgattaiolata dietro la porta del magazzino, che sentì la ben nota risata «Ahahahah! Guardatelo, sembra un bambino da come dorme!», cui fece seguito una serie di schiamazzi da parte dei fedelissimi che accompagnavano il capitano. «Oh, ma il signorino si stava divertendo a quanto pare… forse stava sognando la mia Seth… proviamo a chiederglielo…».
Un secco colpo di frusta sibilò nell'aria.
Colpito, Pauli si ridestò e sollevò la testa pronunciando ancora quel nome.
Altri tre schiocchi in rapida successione, quindi due manrovesci in violenta sequenza. «Ti farò passare la voglia di nominarla, anzi, ti farò passare del tutto la voglia… maledetto… ormai era mia e tu sei piombato qui a rovinare i miei piani! Ti ucciderò, ma prima te lo farò mangiare! …anzi, forse lo farò servire a lei con qualche salsa… e forse ti farò grazia della vita, ma ti renderò cieco e ti donerò a lei come schiavo, sentirai il suo profumo ma non proverai eccitazione né potrai vederla. La sentirai urlare mentre la possederò sotto le tue orbite vuote. Te ne dovrai prendere cura quando la notte la lascerò dolente e lordata del mio piacere. Rimpiangerai di essere giunto qui».
A questa demoniaca dichiarazione seguì un'altra serie di colpi in cui il l'ufficiale cercò di scaricare la sua rabbia. Poi, in silenzio, un gesto che avrebbe agghiacciato Seth se avesse potuto vederlo. Al suo comando una delle guardie aveva preso una lunga tenaglia e l'aveva posta dentro il braciere.
«Sarò io a ucciderti, bastardo! Non toccherai mai Seth con le tue mani schifose!».
«Ma allora sei anche un eroe! Seth è una donna fortunata ad avere un amante come te a difenderla! Forse dovrei farla portare qui per farle vedere cosa si rischia a mettersi contro di me. Chissà, forse mi supplicherebbe di lasciarti in vita, se veramente ti ama… Potrei prenderla qui davanti a te mentre i miei uomini ti tolgono alcuni pezzi inutili…». Un ghigno gli rimase impresso sul volto, fermò il soldato che stava sollevando l'attrezzo per cominciare a torturarlo e fece cenno a tutti di seguirlo fuori dalla sala.
Seth attese qualche minuto dopo aver sentito sferragliare alla serratura della porta, poi corse fuori per accertarsi delle condizioni di Pauli. Lo baciò sulle labbra, sui segni lasciati dalla frusta, lo carezzò dolcemente. Poi gli disse che avrebbe avuto bisogno di alcuni strumenti per liberarlo e con malcelato raccapriccio cominciò ad osservare gli attrezzi di ferro che aveva notato sul tavolo poco distante. Gli anelli con cui terminavano le catene erano chiusi da perni con un dado a una delle estremità, occorrevano quindi delle pinze e un martello. Trovato l'occorrente tornò da Pauli e cominciò a cercare di liberarlo. Non sarebbe stata un'operazione veloce, chi aveva stretto i dadi era sicuramente molto più robusto di lei, inoltre voleva evitare di fargli del male e già un paio di volte una pinza era scivolata sul suo polso portando via qualche centimetro di pelle. Passò diverso tempo, entrambi tenevano le orecchie tese nel terrore di essere sorpresi a metà dell'opera e si facevano coraggio scambiandosi baci e parole d'amore. Alla fine la costanza ebbe la meglio su ferro e ruggine e il giovane fu libero. Si abbracciarono inginocchiati l'uno di fronte all'altra, le lacrime che si univano sulle guance affiancate.
Una voce li immobilizzò: «Ma che bella scena romantica!». Si volsero entrambi verso la sala ma non videro nessuno.
Casse di tutte le dimensioni, grandi ceste impilate, alcune con pezzi di armature di varie fogge e metalli, forzieri, assi di legno di varie lunghezze, strani strumenti chiazzati di ruggine e chissà cosa d'altro. Ruote di carro erano appoggiate a una vecchia portantina col tetto sfondato, alcune anfore d'olio probabilmente dimenticato, una gabbia appesa a un gancio con le sbarre troppo robuste per qualsiasi uccello le provocò un brivido lungo la schiena. Un paio di volte dovette scavalcare quello che le sbarrava la strada per poter continuare il cammino in quel labirinto di oggetti che la faceva pensare alla camera di un pazzo. Infine giunse all'ultima porta, con la sua nicchia da decodificare.
Sul lato destro un leone si fece rampante sulla figura centrale, resa irriconoscibile perché la pietra si era stranamente spaccata e corrosa qua e là. Una volta premuta rimase immobile. Seth rimase di sasso. Non ricordava la spiegazione del bibliotecario e il fatto che fosse rotta poteva significare che anche il meccanismo non funzionava più. Tremando spinse verso il basso la terza figura, un granchio, che si scambiò di posto con quella centrale, posizionandosi di fronte al leone. L'ultima porta si era aperta.
Rimase in ascolto, davanti a lei l'anticamera vista sulla mappa si affacciava sulla sala in fondo al lato destro. Avanzò fino all'angolo e nuovamente attese con le orecchie spalancate. Un flebile mormorio indistinto la raggiunse. Sporse la testa. Pauli era incatenato al lato corto della stanza, inginocchiato a terra, la testa riversa sul petto, stava delirando. Un passo e i suoi occhi si riempirono di orrore.
Catene di varie lunghezze scendevano come infernali serpenti lungo i muri, alcune sembravano colare dal soffitto, affiancate da gabbie come quella vista nel magazzino. Lance, tenaglie, arpioni, ganci e altri strumenti che mai avrebbe voluto vedere erano ordinati su un grande tavolo e appoggiati al braciere che dava luce all'ambiente. Su una parete una panoplia raccoglieva una fantasiosa collezione di fruste e scudisci. In un lato un tavolo coperto da un'asse chiodata, con un rullo anch'esso irto di spunzoni sollevato di circa mezzo metro. Poco oltre una ruota con un timone per farlo girare, aveva alla base e nella parte alta delle brevi catene che terminavano con anelli aperti.
Aveva visto abbastanza. Corse verso Pauli che non si era avveduto della sua presenza e una volta che gli fu vicino sentì che stava ripetendo il suo nome «Seth… Seth… mia dolce Seth…». Gli prese la testa fra le mani e incollò le labbra alle sue. Mai aveva fatto qualcosa del genere, per quanto le piacesse aveva sempre atteso che fosse l'uomo a iniziare, ma la paura che fosse morto aveva preso il sopravvento. Quasi lo soffocò, gli coprì il volto di baci, poi nuovamente si impadronì della sua bocca con la lingua in avida esplorazione. Una volta sazia si staccò per studiare le condizioni del giovane. Pauli finalmente la vide in tutta la sua bellezza, pronunciò un'ultima volta il suo nome e svenne.
Con baci e carezze lo fece rinvenire, gli chiese come si sentisse e cercò, per fortuna invano, segni di violenza sul suo corpo. Pauli volle sapere come fosse arrivata lì, le disse di scappare, che non doveva rischiare la vita per lui. I due si raccontarono ognuno la parte che li riguardava della storia e unendo i pezzi ricostruirono l'accaduto. Poi Seth si rialzò per vedere come fossero chiusi gli anelli che lo incatenavano ai polsi e così facendo le perle che le coprivano il pube si vennero a trovare a pochi centimetri dal volto dl giovane. Come la fiera sente l'odore dell'antilope che si avvicina all'abbeverata o i cani seguono le tracce della volpe nel bosco, così il naso di Pauli fu avvolto dal profumo della pelle di Seth, mescolato a leggere tracce di sudore, ai delicati profumi degli oli con i quali si cospargeva il corpo e soprattutto il pungente odore della sua eccitazione.
Svenne nuovamente, dimostrando con una parte del suo corpo di aver assaporato l'ultimo respiro finché era stato cosciente.
La ragazza ancora non aveva trovato il modo di liberarlo quando sentì provenire dei rumori dall'esterno, lasciò Pauli come l'aveva trovato (anche se dall'espressione sembrava decisamente più contento) e corse a nascondersi nel magazzino.
Nuovamente la cuoca le fu di aiuto. Non chiese nulla ma il suo sguardo, se Seth non fosse stata così concentrata, le avrebbe rivelato che la donna immaginasse qualcosa.
In breve fu nella grotta, aprì il varco e cominciò la discesa, non senza un certo disgusto per le velature che blandamente scendevano dal soffitto, composte da una fitta trama di ragnatele. In cuor suo sperava solamente di non incontrarne l'autore. Leggeri fruscii la riempivano di dubbi sulla sua iniziativa, ma il cuore, incapace ormai di mentirle, la spronava a proseguire e anche velocemente.
Il corridoio sembrava non finire mai, la prima parte, scavata nella roccia, in alcuni punti la costringeva quasi a strusciare contro le pareti, ma terrore e disgusto le facevano ritrarre ancor più la sua slanciata figura. Finalmente giunse alla parte del corridoio costruita dall'uomo e proseguì speditamente fino alla porta, notando subito la nicchia con le statuette da premere. Per prima andava abbassata la figura centrale, una snella gazzella vista di profilo e girata verso occidente. Poi l'elefante alla sua sinistra, che reagì alla sua pressione, non calando come l'altra ma bensì alzando la proboscide verso l'alto. Infine, all'estremità destra una scimmia, che dopo essere stata toccata, ruotò verso la gazzella. Il bibliotecario, durante la spiegazione accennò anche al significato della scena che risultava alla fine e Seth non aveva potuto fare a meno di arrossire e distogliere lo sguardo. Adesso, dopo aver visto il varco aprirsi, si congedò dal gruppetto di pietra strizzandogli l'occhio con complicità ed entrò nella prima stanza.
La torcia ne illuminava solo una parte, ma fu sufficiente per farle cacciare un urlo, che cercò quasi subito di soffocare con l'altra mano. Già rimpiangeva le carezze delle ragnatele, per altro presenti anche in questo nuovo ambiente. Teschi, femori, costole, qualsiasi tipo di osso umano era accatastato in un blasfemo amplesso che impediva di distinguere l'unità dei corpi. Brandelli di tessuti dai più ricchi ai più grezzi, resti di calzature e altri residui umani coprivano ogni angolo. Dall'apertura di un bacino uno sguardo che se umano avrebbe rappresentato fastidio, la fissò per un tempo sufficiente per essere ricordato negli anni, poi il grosso topo nero se ne andò chissà dove nel buio.
Avrebbe dovuto fare solo pochi metri per raggiungere la porta che dava nel magazzino, ma ciò comportava dimenticare decine di racconti sentiti da bambina, ignorare innumerevoli precetti e superstizioni sul culto dei morti e sulle loro anime e soffocare il disgusto e il terrore ad ogni passo. L'alternativa era tornare indietro, abbandonando Pauli al suo destino per venire in seguito con qualche aiuto. Ma se poi si fosse rivelato troppo tardi? Se l'avessero trovato morto, il corpo straziato da orribili torture? Sentiva che non avrebbe potuto perdonarsi la sua perdita, non solo come essere umano e come amico quale lo aveva accolto a palazzo, ma per un qualcosa di ancora non ben definito che sentiva bruciare dentro di lei quando lo pensava, una sensazione sopita da tempo, risvegliatasi nelle poche ore in cui erano stati insieme.
Proseguì.
Scricchiolii di ossa frantumate, fruscii, rumori di ogni genere amplificati dal buio che si richiudeva dietro di lei ad ogni passo. Poi, finalmente, la porta e la nuova nicchia con il codice da comporre.
Ai lati due delicate tortore si girarono dall'esterno verso l'interno, al centro, dal fondo, quelli che sembravano chicchi di grano, si rivelarono la cresta di un maestoso serpente che al suo tocco si erse poderoso fra le due figure. Ignorò l'allegoria della scena e quasi si tuffò nel magazzino che si aprì davanti a lei. Batté contro lo spigolo di una grande cassa, incespicò nella sua veste rimasta impigliata in un chiodo sporgente e cadde seguita dal rumore di uno strappo.
Rialzatasi prontamente verificò i danni: cosa più importante, la torcia era rimasta accesa, lei aveva subìto una forte contusione su un fianco, segnalata da un'ombra di terriccio e i larghi e sottili pantaloni che indossava erano distrutti, tanto che dovette finire di strapparli per muoversi senza impedimenti. Le rimaneva solo il perizoma di perle che in altri momenti le aveva procurato brividi di piacere muovendosi fra le natiche. Si ritenne soddisfatta per come era andata e proseguì la sua esplorazione verso la sala delle torture.
Mentre Pauli, prigioniero, sognava impossibili amplessi, Seth si era recata nella sala della biblioteca per cercare le mappe del palazzo e studiare gli accessi alla torre sud. L'austero ambiente, interamente foderato di libri che riempivano anche tavoli, sedie e ogni angolo del pavimento impilati in fantasiose colonne, era gestito da un anziano saggio, che veniva chiamato dal Visir in occasione di decisioni importanti in qualità di consigliere.
La ragazza non perse tempo a cercare improbabili scuse e dopo i saluti di rito, chiese direttamente ciò che le interessava. In pochi minuti il bibliotecario le dispiegò davanti una grande pergamena con un'intricata serie di segni che altro non erano che la dettagliata e quasi fedele riproduzione del palazzo nel suo complesso. Poco discosto posò anche un piccolo volume chiuso con un lucchetto. Spiegò quindi brevemente a Seth che alla torre si arrivava per un unico stretto corridoio, che era composta di sette piani adibiti a diverse funzioni e che nei sotterranei c'era l'antica sala delle torture. Dopo di che volse uno sguardo indagatore alla giovane e vedendola decisamente più turbata e pallida di quando era arrivata continuò «Però per ragioni di sicurezza fu costruito un accesso segreto ai sotterranei, ormai dimenticato, la cui ubicazione è descritta in quel libro (indicò il volume che aveva portato con la mappa), insieme agli altri segreti che si celano nei muri del palazzo. L'ho scoperto nei primi tempi in cui facevo da apprendista al mio predecessore e ho sempre sospettato che lui lo sapesse e che anzi il ritrovamento facesse parte di quanto dovevo imparare. Quindi, se qualcuno per ragioni che non sono interessato a sapere, volesse entrare nella sala delle torture senza essere visto, basterebbe che leggesse su quelle pagine come fare. Del resto, se analizzate meglio il disegno, vi accorgerete che in alcuni punti i muri sono stranamente molto più spessi del necessario, è lì che si celano i suoi segreti…».
Seth parve rianimarsi di colpo, gli occhi le si illuminarono come sempre, pieni di speranza e sapendo di essere benvoluta dall'uomo, gli raccontò brevemente i suoi sospetti e dichiarò di voler liberare il giovane quanto prima, sicura ormai che fosse tenuto nascosto là sotto. Fu quindi aperto il libro e il bibliotecario cercò i passi in cui veniva descritta la torre e tutto ciò che la concerneva. Il testo ero fitto e in lingua antica e Seth non riusciva a comprendere il significato di tutte le parole. Piccoli disegni al margine dettagliavano alcuni particolari. In una piccola grotta artificiale costruita nei giardini per creare una zona fresca e appartata, c'era un'apertura dissimulata fra i decori dello sfondo, tramite la quale si accedeva a una stretta scalinata che faceva scendere immediatamente ai livelli inferiori. Un lungo corridoio si concludeva davanti a una prima porta, il cui sistema di apertura consisteva nel premere una sequenza di piccole sculture in una nicchia della parete. In questo modo si poteva usare l'accesso all'occorrenza senza la necessità di portarsi dietro le chiavi delle varie porte. Il primo vano era abbastanza grande ma non se ne conosceva la funzione perché la scritta era parzialmente cancellata e si leggeva solo la parte finale "-sario". Da qui un breve tunnel portava in un magazzino e da questo si accedeva alla vasta sala delle torture da una specie di anticamera aperta.
Memorizzato mentalmente il percorso e le sequenze di apertura, Seth ringraziò il bibliotecario, rifiutò il suo aiuto e anzi lo pregò di non dire a nessuno, nemmeno al Visir di quel colloquio, quindi uscì per andare a procurarsi una torcia.
E Pauli? Il povero giovane si era risvegliato veramente nella sala delle torture, anche se per sua fortuna, vedendone solo una parte, non riusciva a rendersi bene conto. La cosa certa era che si trovava legato a degli anelli infissi nel muro e poteva stare solo inginocchiato o quasi. La stanza era illuminata da un grande braciere, cui erano appoggiate delle lunghe tenaglie.
«Ma come ci sono finito qui? Ero sul tetto… stavo guardando Seth che… (il suo fisico nonostante tutto sobbalzò al ricordo). È evidente che sono finito nelle mani di quelli incaricati di uccidermi. Ho fatto male a non pensare a un piano! …Già, ma quando ne avrei avuto il tempo… E come se non bastasse anche la derisione di quel maledetto del Dattero della Fortuna! E io che continuo a a consultarlo! Sempre tutto facile per lui… "Quando l'acqua bolle, bisogna buttare la pasta". Bell'oracolo sì!».
Così pensando, stremato dalla posizione scomoda, cominciò a sognare la sua Seth, quasi che la mente volesse soccorrere il corpo e rendergli più lievi le sofferenze.
Stava ancora amoreggiando con lei, come due colombi in un soleggiato mattino di primavera e con una mano prese a staccare alcuni chicchi d'uva da un grappolo caduto su un cuscino su cui si trovavano, lei col ventre all'altezza delle sue labbra in impudica e smaniosa offerta. Glieli bagnava nel sesso e quindi se li faceva rotolare in bocca, rigirandoli con la lingua, poi dopo averli rituffati nel nettare, li faceva rotolare sul corpo di lei, sospingendoglieli infine fra le labbra.
Adagiatala sui cuscini con un unico colpo le fu dentro. Il corpo di Seth reagì inarcandosi, la testa ondeggiava spandendo i capelli ora qua ora là. Il movimento era lento ma continuo, come la risacca del mare al tramonto, poi cominciò a diminuire la profondità e solo la testa rimaneva immersa e ruotava ritmicamente, finché uscì del tutto. Seth rimaneva perplessa per qualche attimo, poi aperti gli occhi per controllare, se lo vide davanti, lanciato verso la sua bocca. Era caldo, sentiva le vene pulsare, a stento riusciva a farci scorrere la lingua e assaporò le prime gocce di piacere. Poi fu nuovamente svuotata, ma per poco. Si ritrovò girata sulla pancia e adesso era nuovamente la lingua di Pauli che la frugava. Come riusciva ad arrivare così in profondità? Le dita la schiudevano e rapidi colpetti arrivavano diretti sul punto massimo di piacere. Fu così che quando la prese trovò un'accoglienza degna di un re, sdraiato su di lei, le mani ricolme dei suoi seni, le tormentava dolcemente la nuca con piccoli morsi. Le mise sotto un cuscino più spesso e cominciò a massaggiarle le reni, quindi, senza uscire, la rigirò e si mise a torturarle i capezzoli. Bagnava l'areola, ci soffiava sopra, ne faceva il giro strusciando il naso sulla vetta. Passava all'altra ripetendo lo stesso tragitto e solo allora cominciava a succhiarne uno e a stringere l'altro fra due dita. Le spinse quindi il sesso fra i seni, in modo che la punta arrivasse a toccarle le labbra, mentre due dita le sospingevano il monte di Venere dall'interno.
Continuarono così per un po', Pauli realizzando il suo sogno, Seth ormai abbandonata al piacere, le gambe incrociate sulle sue reni, le unghie piantate nelle natiche, finché quasi lo implorò di venire insieme a lei. E così fu. Per un tempo che sembrò infinito.
Albeggiava. Pauli stava disegnando arabeschi con un dito sul corpo di lei, che subiva tranquilla, gli occhi socchiusi, la testa su una sua gamba.
«Forse dovremmo deciderci a scappare…» disse a malincuore il giovane.
«No… non verrò mai con te… cioè, sì…, però forse… ma prima do qualche bacino al fuo amifetto e ne falliamo dofo, eh…?».
Seth si era accorta che la domanda aveva infastidito il capitano, ma ancora le riusciva difficile credere a quello che la mente stava piano piano ricostruendo. Pensò di chiedere al Visir di fare un controllo, ma non aveva che una labile teoria da proporre ed era noto che avesse piena fiducia nell'ufficiale. Non sapeva bene cosa fare, ma qualcosa dal basso ventre le suggeriva di darsi una mossa, Pauli era in grave pericolo e forse non aveva molto tempo per scoprire cosa fosse successo realmente.
Non era mai stata nella zona della torre sud che era lontana dagli appartamenti delle donne e, anzi, frequentava quasi solo quelli e alcuni dei molti giardini, dove si divertiva a dar da mangiare ai coloratissimi pappagalli, anche se il suo preferito era grigio e un po' malconcio, ma gli era affezionata perché l'aveva salvato lei stessa da morte certa. Non sarebbe stato nemmeno facile avvicinarsi per controllare se Pauli fosse veramente tenuto prigioniero lì e non riusciva nemmeno pensare che potesse essere in una sala delle torture. Le venne in mente che, non avendo il capitano molti fedelissimi su cui contare, forse qualcuno avrebbe dovuto portare del cibo fino alla torre. Si diresse con passo deciso verso le cucine, dove la capo cuoca la teneva in altissima e affettuosa considerazione perché le aveva spiegato alcune ricette di piatti molto particolari apprese in Occidente e grazie alle quali aveva ricevuto tangibili complimenti dal Visir.
Pas-t-al-Pes-t era come sempre intenta a preparare il pranzo e incitava con urla e sguardi assassini i vari servi ai suoi ordini, ma si illuminò appena la vide e le preparò immediatamente un piatto di dolcetti di cui sapeva andare pazza la giovane. Seth infatti, nonostante la tensione che le attanagliava lo stomaco, dapprima sbocconcellò una Coh Pah-ta come colpita da improvvisa anoressia, dopodiché, durante i convenevoli, spazzò via anche le briciole ti tutte le altre leccornie.
Rifocillata chiese a Pas se avesse dovuto preparare dei pasti da consegnare a qualcuno al di fuori della sala mensa. La cuoca cambiò espressione, si fece più seria ma ebbe anche un lampo di malizia negli occhi, o almeno così sembrò a Seth. Confermò senza esitazione di aver dato una cesta con del couscous, alcuni spiedini e della frutta insieme a due otri di acqua a un paio di guardie che l'avevano svegliata prima dell'alba. E vedendo il volto della giovane farsi preoccupato, aggiunse subito dopo che, secondo una voce che aveva sentito, ma ci tenne a ripetere che era solo una voce, qualcuno fosse segregato nella torre sud, chiusa da lungo tempo. Il cuore di Seth accelerò e nella sua testa cominciarono a chiarirsi alcuni dettagli e presa dai suoi ragionamenti non si era accorta che la cuoca le aveva proposto altri dolcetti e non avendo sentito risposta gliene aveva servito un altro piatto. D'un tratto si alzò, baciò la donna e si diresse verso la porta guardando di sfuggita l'ultimo biscotto rimasto. Prima di uscire tornò indietro e se lo mise in bocca dicendo «Oggi ho molti impegni, chissà quando potrò rimangiare…» e uscì. Solo a quel punto la cuoca si alzò e tolse il piatto dalla tavola.
«Presto, portiamolo via! Non possiamo ucciderlo qui.»
«E poi non ci potremmo divertire… il Capo sarà comunque contento di noi.»
«Andiamo, dalla torre sud non avrà modo di uscire.»
Seth afferrò solo le ultime parole, aveva sentito il rumore ed era tornata bruscamente alla realtà, senza però riuscire a capire cosa stesse succedendo. Crollò quindi in un sonno profondo, stanca delle tante emozioni della giornata.
Dopo poche ore di sonno la mattina si presentò piena di dubbi: dov'era Pauli? E perché si sentiva così preoccupata per lui? Era forse colpa del sogno? Se ne ricordava solo una parte, girava affannosamente per il palazzo alla sua ricerca, sentiva delle grida ma non riusciva a capire da dove provenissero, le guardie che incrociava le ridevano beffardamente in faccia. Alla fine di un corridoio stretto e buio aveva trovato una porta di ferro chiusa e senza sapere perché aveva cominciato a tempestarla di pugni ferendosi le mani. Dall'interno udì un ghigno e una voce conosciuta che diceva «Mia, sarai solo mia, te ne dovrai convincere in un modo o nell'altro! Ahahahahahah…». Rabbrividì, non poteva essere, la sua mente aveva inventato tutto. Del resto conosceva Pauli così poco, non si vedevano da anni e lei aveva la sua vita. E sì, le aveva fatto piacere rivederlo, parlargli e si era lasciata un po' andare… e rimasta sola aveva dovuto placare il fuoco della sua intimità pensando a lui… e sapeva di essere preoccupata per la sua scomparsa… molto preoccupata… stranamente… ma forse si sentiva così per aver dormito troppo poco. Sì, sicuramente… o almeno, forse… ci avrebbe riflettuto più tardi ora doveva correre… cioè, andare dal Visir per sapere se ci fossero delle novità del su… di Pauli…
Trovò tutti riuniti nella sala delle udienze, il Visir le baciò la mano come ogni mattina e la ragguagliò sui risultati delle ricerche. Il capitano delle guardie, che come sempre non perdeva l'occasione di lanciarle sguardi lascivi che la mettevano in subbuglio, stava dicendo che il giovane aiuto del mercante era sicuramente scappato dal palazzo dopo aver rubato un piccolo scrigno di antichi gioielli di famiglia del Visir e portava a testimone uno degli schiavi addetti alle cucine. L'uomo in questione era un vecchio malconcio accasciato ai loro piedi, l'impressione era che fosse stato brutalmente percosso, non alzava mai lo sguardo e sembrava ritrarsi terrorizzato all'udire la voce del capitano.
«Se Vostra Grazia mi concede l'onore, lo riporterò a palazzo in giornata, vivo o… morto… e recupererò i gioielli, sempre che non li abbia venduti a qualche mercante di passaggio per disfarsene. Ahahahahah…».
Il Visir, scuro in volto, diede ordine che cercasse il fuggitivo ma che lo riportasse vivo. Il capitano, chinò il capo e si voltò per andarsene, un lampo negli occhi rivolto alla Principessa. Un lampo simile percorse la mente (e il cuore) della giovane «Scusate, Capitano, cosa c'è nella torre sud?».
La domanda parve gelare sul posto l'uomo che si girò per rispondere con qualche secondo di ritardo «La sala delle torture, mia Signora, ma non viene utilizzata da anni. Se non avete altro vorrei cominciare l'inseguimento.» Un attimo dopo era sparito.
Una volta sul tetto Pauli discese fino a una grande terrazza e da lì proseguì in un percorso che lo portava ad arrivare quasi a terra e dopo qualche metro ad altezze quasi preoccupanti, spenzolato nel vuoto. Più volte dovette trovare riparo dietro muretti o sfiati per l'areazione dei locali per lasciar passare una ronda. Guardò attraverso delle aperture per cercare di capire la sua posizione finché arrivò a una griglia di ferro da cui proveniva una voce «Dovete trovarlo… e non m'interessa che sia sotto la protezione del Visir, un incidente può capitare a tutti nel palazzo o meglio ancora in uno dei giardini. Farete un lavoro pulito, ne va della vostra testa. …Ho visto lo sguardo delle Principessa… conosco le donne e non mi faccio ingannare come quello sciocco del Visir… Trovatelo e uccidetelo. Meglio se avrà modo di soffrire e di rendersene conto. Andate.».
Dire che il giovane si accasciò lungo la parete non rende l'idea, per fortuna riuscì a non svenire, ma sembrava che le ossa gli si fossero polverizzate.
Scappare. No… doveva tornare indietro da lei, rapirla… cioè chiederle di andare con lui… o rubarle almeno un ultimo bacio, toccare la sua pelle, stringerla, dopo di che la morte sarebbe stata più dolce.
Fu così che cercò di rifare il percorso inverso perché sicuramente l'alloggio di Seth non doveva essere distante da dove si erano incontrati. Ad ogni più piccolo fruscio sobbalzava e cercava un rifugio, conscio che se l'avessero preso forse non avrebbe potuto dare delle spiegazioni, perché non ne avrebbe avuto il tempo.
Si trovò vicino a una finestra non troppo grande da cui usciva una luce, poco più in alto di dove si trovava. La posizione poteva essere quella giusta, per cui decise di rischiare e si arrampicò per poter sbirciare.
Stavolta più che un mancamento rischiò un vero e proprio collasso. Qualche metro più sotto, su un grande letto tondo, Seth, completamente nuda, si stava carezzando i rigogliosi seni, li stringeva, li premeva, li spingeva uno contro l'altro per strusciarli insieme. Torceva i capezzoli, poi, dopo essersi leccata il dito medio di entrambe le mani, cominciò a premerli con un lento movimento circolare.
Il cuore di Pauli sobbalzò.
Come per un raptus la ragazza si girò su un fianco, un braccio a strusciare i seni una mano scomparsa fra le cosce. Le gambe s'intrecciavano e si scioglievano ritmicamente, l'espressione era quasi di dolore, mugolii rochi rompevano il silenzio. Si girò ulteriormente, le splendide natiche si alzavano e abbassavano come seguendo una melodia, la mano adesso faceva capolino sotto di loro, l'altra, alla fine del braccio disteso, sembrava voler afferrare qualcosa, aperta allo spasimo come quella di un naufrago che stia per affogare. Dalla bocca i suoni si fecero via via più distinti, fino a formare un nome nel momento massimo del piacere: «Pahhhh… ahhhhh… uhhhhhhhhh… liiiihhhh…».
Nell'immobilità e nel silenzio della scena, si udì un tonfo sordo, il giovane era caduto all'indietro svenuto, il tessuto dei pantaloni all'altezza del pube orgogliosamente rialzato.
Adagiatala sui cuscini, stava puntando il sesso contro quello di lei, la punta ancora più gonfia per aver sentito l'appiccicosa umidità che stava per accoglierlo, quando… «Principessa! Principessa! Venite, presto! È scomparso il giovane aiutante del mercante!».
Rapida come il falco quando si getta sulla preda, Seth corse a immergersi mollemente nella grande vasca, posizionandosi in modo che l'eunuco per parlarle non vedesse la zona dei cuscini. Pauli si ritrovò a dare il poderoso colpo di reni destinato alla profonda intimità della giovane contro il pavimento e a stento soffocò un'imprecazione e massaggiandosi la parte ammaccata cercò di nascondersi nuovamente sotto i cuscini.
Seth uscì completamente nuda dall'acqua, diretta verso l'asciugamano che le veniva porto dal servo, e contemporaneamente in un altro angolo della sala un cuscino ebbe un sobbalzo e cadde, lasciando intravedere quella che da distante poteva essere scambiata per una susina rosso-violacea.
La giovane seguì quindi l'eunuco nei suoi appartamenti, dove alcune schiave la vestirono e la prepararono velocemente per poter andare dal Visir.
Dopo qualche minuto Pauli uscì dal nascondiglio e si rivestì, ancora dolorante per la botta subita e cominciò ad ispezionare la grande sala. Purtroppo non dava su altre stanze oltre al corridoio d'accesso e su un lato c'era solo una piccola finestra, da dove sarebbe passato a stento e che dava su un giardino. Guardò in alto come per chiedere aiuto al Cielo e vide brillare nella penombra della grande cupola una cerniera colpita da un raggio lunare. Si fece più sotto e si accorse che due degli spicchi, uno di fronte all'altro, erano aperture che permettevano l'accesso all'esterno. La scoperta era molto interessante, ma ora sorgeva il problema di come raggiungere quell'altezza, non poteva certo impilare tutti i cuscini e sperare che lo sorreggessero! Fu colto dalla disperazione, immaginò di essere giustiziato nella corte maggiore del palazzo, vide il magnifico fondoschiena di Seth sanguinare scorticato dalle scudisciate di un rozzo soldato, il mercante privato di alcune falangi… Appoggiò la testa contro una delle due colonne squadrate che reggevano l'arco principale e batté la fronte contro uno spigolo. Sul momento non ci fece caso, rassegnato alla fine più atroce, un po' di mal di testa e il sesso tumefatto non avrebbero certo fatto la differenza. Poi però si rese conto che la superficie decorata avrebbe dovuto essere liscia e non presentare dislivelli. Osservò meglio e scoprì che alcuni segni si ripetevano con cadenza regolare ed erano tutti scavati nel marmo, in pratica una scala scolpita. Non ci pensò sopra due volte, prese ad arrampicarsi e dopo qualche minuto raggiunse la sommità e con l'aiuto del piccolo coltello che portava sempre con sé aprì lo spicchio di vetro della cupola e fu all'aperto.
Nello stesso momento Seth stava fingendo apprensione e preoccupazione per la scomparsa del giovane e la cosa le riuscì particolarmente bene perché, seppure per ben altri motivi, era effettivamente angosciata per la sua sorte. Il visir, dolcemente, le chiese di nuovo di ripetere fino a quando si ricordava di averlo visto, ma lei sostenne fermamente di essersi assopita parlando a causa di un po' di emicrania. Il mercante provò a sostenere che potesse essere tornato al carro più grande, rimasto all'esterno del palazzo, per prendere altre stoffe da far vedere alla principessa, ma nessuna guardia aveva visto passare Al-Pallih-Duh, come era stato ironicamente soprannominato per la sua carnagione.
Dato ordine al comandante di continuare a cercarlo, il Visir congedò i presenti e ognuno si ritirò nei suoi appartamenti, compreso il mercante che rimase gradito ospite per la notte.
L'eunuco sembrava non volersene andare, forse in attesa di una risposta più precisa o di ordini da eseguire, ma nel frattempo la situazione stava diventando insostenibile per Seth che ormai distingueva chiaramente la lingua di Pauli saettare velocemente sul suo sesso, sebbene attraverso i leggeri veli della sua veste che abbondantemente inumidita non faceva che esaltare le sensazioni.
«Dì a Vostra Grazia e al nostro Ospite che mi scusino… mi farò un bagno per ora, poi credo che verrò… sì, non subito, ma credo proprio che alla fine verrò… ohh…»
Uscito finalmente il servitore, rimase ancora qualche momento con i sensi in ascolto, gustando ogni colpo che arrivava da sotto.
Riscossasi, balzò in piedi e cominciò a far volare i cuscini inveendo «Ma sei impazzito!? Maiale! Pervertito! poteva scopar… scoprirci! Come ti permettglmblblmhmmmmmm…». Pauli nel frattempo si era alzato e le si era avvicinato. Mentre era in quella scomoda posizione aveva respirato e sentito nuovamente sulla lingua il sapore di quel nettare che da anni era chiuso a chiave nelle profondità del suo cuore. Come una fiera che abbia gustato il sapore del sangue, si gettò sulla ragazza e le affondò la lingua in bocca troncandole a metà gli improperi. Dopo un attimo di smarrimento le lingue si intrecciarono in una danza peccaminosa, i corpi saldati, con il sesso del giovane che pulsava ardente sulla coscia di lei. La lingua di lui fu poi sostituita da due dita che le frugarono lascivamente i denti, la lingua, il palato, mentre con le sue labbra le aveva tracciato un lungo sentiero sul collo per giungere al lobo e perdersi nelle volute dell'orecchio fra aliti e dolci morsi. L'altra mano, dopo una breve sosta per assaporare l'armoniosa curva del fianco, era scesa a rivendicare il possesso di una natica. La mente di Seth le diceva di allontanarlo, i sensi e il cuore glielo fecero trascinare sui cuscini. Spogliatasi con gesti rapidi gli afferrò la testa per i capelli e gliela spinse fra le gambe «Non mi piacciono le cose lasciate a metà» e così dicendo cominciò a cingerlo con le cosce e a muovere il bacino per offrirgli il sesso ormai rorido di piacere.
Investito da un profumo mai dimenticato, leccò dapprima una goccia opalina che brillava fra le labbra ancora serrate, quindi insinuò la lingua nell'apertura, scostando il caldo sipario di carne con le dita. Galleggiando in un sogno lungo anni, con rapidi colpi raggiunse e scoprì la perla nascosta sotto un roseo cappuccetto e prese a mordicchiarla alternando i delicati colpi con i denti a leggere alitate calde. Travolto da una nuova ondata di odori ancestrali, le tempie serrate in una morsa sempre più stretta, con un colpo di reni sollevò il bacino di Seth sorreggendolo come una coppa e quindi tuffò nuovamente il volto in un lago di umori e saliva.
La stessa voce lo accolse al risveglio: «Sempre il solito, non se ne perde una il Signorino! Ci manca solo che sbavi! Morerossealtebassecircassedalmateindostane… basta che respirino e lui perde la testa! Ringrazia che sei steso per terra o un altro schiaffo non te lo toglieva nessuno! Anzi, uno per ogni anno che non ti sei fatto vedere!».
Probabilmente avrete già capito che la voce apparteneva a Seth e, vuoi per la sua fulgida bellezza intatta negli anni, vuoi per le implicazioni delle sue parole, è inutile dire che il giovane perse i sensi altre tre volte, per cui passeremo direttamente a raccontare di quando i due si trovarono comodamente seduti su morbidi cuscini a raccontarsi le loro vicende.
Seth in quel tempo era diventata una delle mogli del Visir della città, che però ben presto si era stufato di lei, sempre dietro ai suoi intrighi e affari. Per fortuna fra le guardie addette agli appartamenti femminili c'era un giovane capitano non indifferente alle sue grazie. A queste parole Pauli ebbe un mancamento, ma per una volta resistette e si limitò a virare dal bianco latte al rosso porpora fino a uno strano verdognolo, per poi riprendere il suo colorito naturale. Seth continuava a parlare e il giovane si perse nei suoi occhi che oscuravano le gemme più preziose, nel suo sorriso che famosi poeti inutilmente potrebbero cercare di descrivere. La ragazza non aveva avuto una vita facile e solo ora in qualche raro momento le sembrava di aver raggiunto un equilibrio, anche se fragile. In alcune frasi sembrava rivolgere accuse al giovane per essere sparito, ma se lui accennava a intervenire parlando di fuga e del loro futuro, subito lei si adombrava e cambiava discorso. Allo stesso tempo si diceva contenta di rivederlo, lasciava che le sue mani la sfiorassero procurandole dei brividi che da molto non provava più, per poi cambiare posizione e allontanarsi un poco. Gli chiese cosa era stato di lui in quegli anni, se si era sposato, se avesse delle amanti e dove vivesse e ottenne risposte sincere, anche se il giovane ebbe la tentazione di migliorare il suo passato, più per se stesso che per farsi bello agli occhi di lei, ma sapeva di non essere portato per la menzogna e non voleva rinnovare il loro rapporto sulla falsità.
Le ore passarono veloci finché i due si accorsero che la luna illuminava solo i loro sguardi e che nella grande sala erano rimasti da soli.
All'improvviso sentirono una voce nel corridoio di accesso alla sala «Principessa Seth! Principessa Seth!».
La stanza non presentava nascondigli, e la grande vasca non sarebbe servita granché. Velocemente la ragazza addossò dei grossi cuscini vicino alla parete e vi fece nascondere Pauli, adagiandovisi sopra appena in tempo mentre stava entrando il capo degli eunuchi per dirle che erano tutti preoccupati per non averla vista alla cena offerta in onore del mercante e che il Visir chiedeva sue notizie. Seth ascoltò dapprima impassibile, scusandosi per essersi assopita, poi attraverso uno spazio fra i cuscini cominciò a sentire un leggero solletico all'interno di una coscia e faticò non poco a non cambiare espressione, ma di cosa stesse succedendo non è possibile raccontare.
Ristabilitosi completamente, il giorno dopo i due organizzarono un piano per far entrare Pauli nel palazzo. Dovettero rinunciare al travestimento da eunuco, perché appena il giovane si concentrava sulla ragazza aveva una repentina reazione fisica, che a detta del saggio non era confacente al ruolo.
Fu così che si accordarono con un amico del vecchio, un commerciante di tessuti pregiati di un paese del Mediterraneo, che non solo poteva entrare nella magione del Visir, ma aveva accesso alle stanze delle donne. Pauli sarebbe stato il suo aiutante, potendo vantare conoscenze sulla stampa poteva essere un credibile esperto dei decori.
Fu deciso per la domenica successiva, giorno di mercato, quando la maggior parte del personale di corte è fuori e anche le guardie sono più rilassate. Nel frattempo il mercante cercò di riprodurre il più fedelmente possibile la pianta del palazzo, o per lo meno le parti che conosceva lui. Per fortuna le stanze delle donne erano dalla parte opposta rispetto all'ingresso principale e quindi la mappa divenne ben presto un intrico di stanze, cortili e giardini, fontane e laghetti. Pauli non avrebbe saputo immaginare una residenza così vasta e cominciò a preoccuparsi seriamente sulle possibilità di trovare Seth e soprattutto di uscirne insieme…
La pelle chiara insospettì il comandante del corpo di guardia, ma gli anni di frequentazione col mercante e qualche moneta servirono da lasciapassare.
Erano dentro.
Dalla corte di ingresso passarono in un cortile più piccolo, quindi in un giardino, poi in un altro cortile e così via fino a un vero e proprio bosco di palme, dove la temperatura era estremamente piacevole. Il giovane aveva fatto quasi tutto il percorso con la bocca spalancata per la meraviglia delle architetture, gli splendidi decori e la ricchezza degli oggetti. Ora vedeva strani animali, forse uccelli, considerato che avevano due zampe soltanto, molto colorati e che emettevano versi acuti. In lontananza due ragazze correvano verso una piccola cascata, coperte solo di veli.
Fu strattonato dal mercante che con un gesto lo riportò alla realtà e gli ordinò di scaricare il carretto che aveva trascinato fino a lì.
Alcuni eunuchi erano già pronti per portare le casse all'interno e fu così che dopo poco si ritrovarono in un incredibile ambiente, chiuso ma perfettamente illuminato da una cupola che pareva impossibile potesse rimanere sospesa, tanta era la leggerezza delle struttura di oro e vetro e che indirizzava i raggi solari sui disegni degli specchi e pietre preziose che inondavano di riflessi la stanza.
Abbassato lo sguardo vide una dozzina di ragazze correre festanti verso di loro, alcune completamente nude, altre poco coperte da vesti trasparenti. Un'ondata di profumi lo investì stordendolo, gli occhi schizzavano da un enorme seno ambrato a un pube parzialmente rasato, da una fluente chioma di capelli neri a occhi con sguardi profondi.
Una sola parola urlata da una voce imperiosa alle sua spalle richiamò la sua attenzione.
«Porco!»
Non fece in tempo a girare la testa che un violento schiaffo lo colse in pieno. Sgranò gli occhi e svenne.
Dunque Seth era in quella città, o comunque era stata lì in un recente passato, la scritta sul libro non sembrava molto vecchia.
Il cuore di Pauli ebbe un sobbalzo, tanto che dovette appoggiare una mano al leggio. Ritornò con gli occhi sulle righe di testo, ma non riusciva più a leggere bene, la vista era annebbiata, gli occhi gonfi e lucidi.
«Ciambellano! Gran Visir! Sceiccooooo…»
Dopo aver mormorato queste parole svenne. Alcuni studiosi si girarono sentendo il corpo cadere a terra, alcuni infastiditi, altri incuriositi. Un paio si avvicinarono e non riuscendo a far rinvenire il giovane decisero di trasportarlo fuori a braccia fino a un giardino poco distante, sotto il fresco degli alberi e di una fontana.
Ripresosi nominò nuovamente le varie autorità, doveva chiedere, doveva sapere, era necessario che parlasse con loro… ma perse nuovamente i sensi.
Si risvegliò che ormai era sera in casa di uno dei due studiosi, che si stava affaccendando intorno a un pentolone di zuppa.
Sul momento rimase deluso, credeva di essere con lei, poi si rese conto che era stato l'ennesimo sogno, per quanto vivido. Nella sua immaginazione fra loro c'era intimità, lui le stava accarezzando la schiena nuda, unendo baci furtivi e rapidi colpi di lingua al movimento delle mani e lei emetteva bassi mugolii.
Si ritrovò una scodella di legno fra le mani, un buon profumo di ceci, rosmarino, salvia e altri aromi lo fece ritornare alla realtà.
I due parlarono per gran parte della notte, l'anziano spiegando le sue ricerche e Pauli narrando la sua storia. Il giovane vedeva l'altro interessarsi molto quando scendeva in particolari sulla fisionomia della ragazza e infatti al termine del racconto gli disse di essere quasi certo che una donna con quelle fattezze, bella come il cielo azzurro, luminosa come tutte le stelle e dolce come il miele più pregiato di averla vista qualche volta a corte, dove poteva recarsi per consultare l'antica biblioteca del visir. Il giovane lo afferrò per le braccia, lo scosse, pianse, rise e… svenne nuovamente.
C'era una volta (altrimenti che favola sarebbe?) un giovane, rab Pauli Mailandberg, che viveva in una grande e bellissima città. Non essendo un grandissimo studioso, decise di dedicarsi all'artigianato, creando insegne per i bazaar del suo paese e decorando scatole per i pasticcieri che venivano anche da altre città.
Un giorno, mentre stava lavorando, entrò nella sua bottega una ragazza di rara bellezza, come esistevano solo nelle favole che gli raccontava sua nonna. I suoi occhi illuminavano più di mille lanterne, il suo sorriso faceva chiudere le ruote dei pavoni che non se ne reputavano all'altezza, con la sua snella figura sembrava fluttuare fra i tavoli da lavoro. Come la vide il giovane svenne. Riaprendo gli occhi pensò che non avrebbe rivisto quella che era sicuro fosse una dea apparsagli in sogno e invece la ragazza era ancora davanti a lui e gli stava richiedendo una delle sue opere. Disse di chiamarsi Seth-el-Mez e che le occorrevano delle scatole per portare dei dolci dai forti sapori speziati in un lontano mercato. Fu così che i due cominciarono a frequentarsi quasi quotidianamente e la vita del giovane era rallegrata dalla presenza della ragazza che nonostante la sua incredulità rimaneva reale.
Le stagioni passarono e venne infine quella che in quel paese è la più calda, quando nelle ore diurne il lavoro si fa lento e faticoso e quelle centrali della giornata, chi può, le trascorre alle terme pubbliche. Ogni giorno, quando Seth-el-Mez gli appariva in costume, Pauli sveniva e puntualmente prìncipi e ricchi mercanti ne approfittavano per avvicinare la fanciulla.
Sul finire del lavoro le giornate sembrarono accorciarsi, il tempo non bastava mai e fu così che una notte i due cenarono insieme, discorrendo amabilmente. A causa dell'ora tarda Pauli propose a Seth di riaccompagnarla a casa, per paura che le potesse succedere qualcosa attraversando certi giardini. Fu proprio in uno di questi che si fermarono a parlare, anche se il giovane aveva il cuore in subbuglio perché alla luce della luna il volto di lei era veramente degno di una dea. Forse si avvicinarono troppo, forse una mano invisibile li spinse l'uno fra le braccia dell'altra, fu così che Pauli seppe per la prima volta che le labbra di una donna possono competere con il miele più pregiato, che il corpo femminile può riservare piaceri che stordiscono i cinque sensi e far perdere la mente come sotto l'influsso di droghe.
Il giorno dopo Pauli si risvegliò nella bottega, le scatole non c'erano più, una borsa di monete d'oro al loro posto. Seth era sparita.
Nonostante che l'accaduto potesse confermagli di aver vissuto un lungo sogno, con quel denaro chiuse la bottega e cominciò a vagare per il mondo alla sua ricerca, chiedendo in ogni mercato se avessero visto una dea, lasciando dietro di sé uomini volgari e privi di sogni che ridevano di lui fino alle lacrime.
Molti anni dopo, in una città immensa, dove la gente parlava un numero incredibile di lingue ma riusciva ugualmente a capirsi e a convivere, trovò un voluminoso libro fitto dei nomi di tutti quelli che erano passati di lì almeno una volta, alcuni sbiaditi dal tempo, certi impronunciabili, altri ancora scritti con alfabeti sconosciuti. Lo sfogliò febbrilmente, la carta sottile crepitava fra le sue mani, scorreva i segni senza una logica finché lo trovò: Seth-el-Mez.
L'aveva trovata. O almeno finalmente aveva una traccia concreta della sua esistenza. Ma questa è un'altra storia, tutta da scrivere…
*Scritto dal 1° al 24 agosto 2012