giovedì 11 luglio 2013

Favola (Mille e una notte Style) 7

Una volta sul tetto Pauli discese fino a una grande terrazza e da lì proseguì in un percorso che lo portava ad arrivare quasi a terra e dopo qualche metro ad altezze quasi preoccupanti, spenzolato nel vuoto. Più volte dovette trovare riparo dietro muretti o sfiati per l'areazione dei locali per lasciar passare una ronda. Guardò attraverso delle aperture per cercare di capire la sua posizione finché arrivò a una griglia di ferro da cui proveniva una voce «Dovete trovarlo… e non m'interessa che sia sotto la protezione del Visir, un incidente può capitare a tutti nel palazzo o meglio ancora in uno dei giardini. Farete un lavoro pulito, ne va della vostra testa. …Ho visto lo sguardo delle Principessa… conosco le donne e non mi faccio ingannare come quello sciocco del Visir… Trovatelo e uccidetelo. Meglio se avrà modo di soffrire e di rendersene conto. Andate.».
Dire che il giovane si accasciò lungo la parete non rende l'idea, per fortuna riuscì a non svenire, ma sembrava che le ossa gli si fossero polverizzate.
Scappare. No… doveva tornare indietro da lei, rapirla… cioè chiederle di andare con lui… o rubarle almeno un ultimo bacio, toccare la sua pelle, stringerla, dopo di che la morte sarebbe stata più dolce.
Fu così che cercò di rifare il percorso inverso perché sicuramente l'alloggio di Seth non doveva essere distante da dove si erano incontrati. Ad ogni più piccolo fruscio sobbalzava e cercava un rifugio, conscio che se l'avessero preso forse non avrebbe potuto dare delle spiegazioni, perché non ne avrebbe avuto il tempo.
Si trovò vicino a una finestra non troppo grande da cui usciva una luce, poco più in alto di dove si trovava. La posizione poteva essere quella giusta, per cui decise di rischiare e si arrampicò per poter sbirciare.
Stavolta più che un mancamento rischiò un vero e proprio collasso. Qualche metro più sotto, su un grande letto tondo, Seth, completamente nuda, si stava carezzando i rigogliosi seni, li stringeva, li premeva, li spingeva uno contro l'altro per strusciarli insieme. Torceva i capezzoli, poi, dopo essersi leccata il dito medio di entrambe le mani, cominciò a premerli con un lento movimento circolare.
Il cuore di Pauli sobbalzò.
Come per un raptus la ragazza si girò su un fianco, un braccio a strusciare i seni una mano scomparsa fra le cosce. Le gambe s'intrecciavano e si scioglievano ritmicamente, l'espressione era quasi di dolore, mugolii rochi rompevano il silenzio. Si girò ulteriormente, le splendide natiche si alzavano e abbassavano come seguendo una melodia, la mano adesso faceva capolino sotto di loro, l'altra, alla fine del braccio disteso, sembrava voler afferrare qualcosa, aperta allo spasimo come quella di un naufrago che stia per affogare. Dalla bocca i suoni si fecero via via più distinti, fino a formare un nome nel momento massimo del piacere: «Pahhhh… ahhhhh… uhhhhhhhhh… liiiihhhh…».
Nell'immobilità e nel silenzio della scena, si udì un tonfo sordo, il giovane era caduto all'indietro svenuto, il tessuto dei pantaloni all'altezza del pube orgogliosamente rialzato.

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