domenica 14 luglio 2013

Favola (Mille e una notte Style) 10

E Pauli? Il povero giovane si era risvegliato veramente nella sala delle torture, anche se per sua fortuna, vedendone solo una parte, non riusciva a rendersi bene conto. La cosa certa era che si trovava legato a degli anelli infissi nel muro e poteva stare solo inginocchiato o quasi. La stanza era illuminata da un grande braciere, cui erano appoggiate delle lunghe tenaglie.
«Ma come ci sono finito qui? Ero sul tetto… stavo guardando Seth che… (il suo fisico nonostante tutto sobbalzò al ricordo). È evidente che sono finito nelle mani di quelli incaricati di uccidermi. Ho fatto male a non pensare a un piano! …Già, ma quando ne avrei avuto il tempo… E come se non bastasse anche la derisione di quel maledetto del Dattero della Fortuna! E io che continuo a a consultarlo! Sempre tutto facile per lui… "Quando l'acqua bolle, bisogna buttare la pasta". Bell'oracolo sì!».
Così pensando, stremato dalla posizione scomoda, cominciò a sognare la sua Seth, quasi che la mente volesse soccorrere il corpo e rendergli più lievi le sofferenze.
Stava ancora amoreggiando con lei, come due colombi in un soleggiato mattino di primavera e con una mano prese a staccare alcuni chicchi d'uva da un grappolo caduto su un cuscino su cui si trovavano, lei col ventre all'altezza delle sue labbra in impudica e smaniosa offerta. Glieli bagnava nel sesso e quindi se li faceva rotolare in bocca, rigirandoli con la lingua, poi dopo averli rituffati nel nettare, li faceva rotolare sul corpo di lei, sospingendoglieli infine fra le labbra.
Adagiatala sui cuscini con un unico colpo le fu dentro. Il corpo di Seth reagì inarcandosi, la testa ondeggiava spandendo i capelli ora qua ora là. Il movimento era lento ma continuo, come la risacca del mare al tramonto, poi cominciò a diminuire la profondità e solo la testa rimaneva immersa e ruotava ritmicamente, finché uscì del tutto. Seth rimaneva perplessa per qualche attimo, poi aperti gli occhi per controllare, se lo vide davanti, lanciato verso la sua bocca. Era caldo, sentiva le vene pulsare, a stento riusciva a farci scorrere la lingua e assaporò le prime gocce di piacere. Poi fu nuovamente svuotata, ma per poco. Si ritrovò girata sulla pancia e adesso era nuovamente la lingua di Pauli che la frugava. Come riusciva ad arrivare così in profondità? Le dita la schiudevano e rapidi colpetti arrivavano diretti sul punto massimo di piacere. Fu così che quando la prese trovò un'accoglienza degna di un re, sdraiato su di lei, le mani ricolme dei suoi seni, le tormentava dolcemente la nuca con piccoli morsi. Le mise sotto un cuscino più spesso e cominciò a massaggiarle le reni, quindi, senza uscire, la rigirò e si mise a torturarle i capezzoli. Bagnava l'areola, ci soffiava sopra, ne faceva il giro strusciando il naso sulla vetta. Passava all'altra ripetendo lo stesso tragitto e solo allora cominciava a succhiarne uno e a stringere l'altro fra due dita. Le spinse quindi il sesso fra i seni, in modo che la punta arrivasse a toccarle le labbra, mentre due dita le sospingevano il monte di Venere dall'interno.
Continuarono così per un po', Pauli realizzando il suo sogno, Seth ormai abbandonata al piacere, le gambe incrociate sulle sue reni, le unghie piantate nelle natiche, finché quasi lo implorò di venire insieme a lei. E così fu. Per un tempo che sembrò infinito.
Albeggiava. Pauli stava disegnando arabeschi con un dito sul corpo di lei, che subiva tranquilla, gli occhi socchiusi, la testa su una sua gamba.
«Forse dovremmo deciderci a scappare…» disse a malincuore il giovane.
«No… non verrò mai con te… cioè, sì…, però forse… ma prima do qualche bacino al fuo amifetto e ne falliamo dofo, eh…?».

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