Un'altra notte era calata sui due giovani, finché il cavallo di Violet, ormai stremato, uscito da un bosco fece ancora poche decine di metri inoltrandosi in un campo di girasoli. Quindi si piegò sulle zampe anteriori accasciandosi al suolo coperto da uno strato di schiuma. Violet fu proiettata poco più avanti e giaceva a faccia in giù, il volo attutito dagli alti fiori. Così la trovò poco dopo Thönet.
«Violet, amata mia…», disceso le si inginocchiò al fianco, sollevandole dolcemente la testa. Vedendole alzarsi il petto si rassicurò e prese quindi a carezzarle il volto dicendole parole d'amore. La giovane finalmente aprì gli occhi, lo sguardo tornato normale e avendo afferrato alcune frasi sospinse la testa di Thönet verso la sua e lo baciò.
È doveroso tacere cosa successe in seguito. La luna stessa a momenti evitava di guardare nascondendosi momentaneamente dietro a una nuvola. In una notte la cerbiatta all'abbeverata, il giunco che si flette, il falco che ruota e tante altre metafore della cuoca ebbero finalmente un senso.
I due sembravano non risentire affatto della cavalcata e della mancanza di cibo e di acqua, si abbeveravano anzi l'un con l'altra fino a giacere stremati in un tenero abbraccio sul far dell'alba.
«Bene bene, contessina, credo che dovrete abituarvi presto a un nuovo genere di vita… spero per Voi che la vita monastica rientrasse nelle vostre aspirazioni… Tu invece, non hai più nulla di cui preoccuparti! ahahah!!!».
Il capitano delle guardie del castello, Necario de Guijot detto il Laido, li aveva sorpresi in una situazione che non aveva bisogno di spiegazioni né giustificazioni. Purtroppo per loro si era sempre visto respingere da Violet e adesso godeva nel vedere distrutto il futuro della fanciulla, trovando anche modo di sfogare la sua ira per non aver potuto cogliere quel fiore infierendo sul povero Thönet.
«Prendeteli! È non usategli molti riguardi, soprattutto a quel cane!».
«Voi non potete! Posso spiegare tutto! Io sono…». Thönet non poté finire la frase perché l'elsa di una spada si abbatté sulla sua testa.
Violet fu fatta rivestire alla meno peggio e fatta salire sul cavallo di Necario davanti a lui, che non mancò di farle sentire il suo alito e la sua lingua sul collo per tutto il ritorno. Thönet fu legato di traverso a un cavallo completamente nudo.
martedì 31 marzo 2009
lunedì 30 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 28
Al castello intanto il cavaliere era stato convinto a prolungare la sosta per far riposare il cavallo un giorno in più. Il successivo, mentre stava per salire sull'arcione, mastro Berlucco gli fece notare che il cavallo aveva bisogno di ferri nuovi, per cui fu chiamato un maniscalco dal villaggio. Nell'attesa, per buona misura, pensò di portare il cavaliere nelle cantine e di fargli assaggiare qualche buona bottiglia.
Non sapeva perché lo stesse facendo, ma non gli andava di deludere Thönet. Il tono con cui aveva chiesto di trattenere il cavaliere era stato molto simile a quello di chi è abituato a comandare. E poi, cosa c'entrava Violet con la marchesa di Floràns? Perché l'unica cosa certa era che il giovane era corso a cercare la contessina, che non doveva diventare marchesa di Floràns ma casomai duchessa di Serendipia o di Duodeno superiore o quel che era. A meno che… No, non poteva essere, Thönet era uno stalliere, non certo un nobile. Per quanto, al suo arrivo lui aveva notato che le mani del giovane erano molto curate, non piene di vesciche, asperità e tagli come ci si sarebbe aspettati. E non parlava come i contadini e nemmeno come un artigiano. Mah, l'unica era aspettare il suo ritorno per avere delle risposte, intanto bisognava tenere il cavaliere al castello con ogni mezzo, così aveva… ordinato!
«Ecco, assaggi questo Château Parbleu-Cucù del '71… guardi che colore, che riflessi rosso fegato… e che mi dice del profumo di bacca di velopendula e del retrogusto di salame di cinghiale tartufato?».
«Scì! Prisciso! Sciarsciufato… sci sciente sciubithic… scuss… banf…».
I 18 gradi dello Château Parbleu non perdonano, soprattutto se prima non si mangia una robusta dose di pasticcio di soprassata larderellata e ciccioli. Fu così che il povero cavaliere stramazzò al suolo col bicchiere ancora in mano cominciando a russare rumorosamente ancor prima di toccare terra.
Non sapeva perché lo stesse facendo, ma non gli andava di deludere Thönet. Il tono con cui aveva chiesto di trattenere il cavaliere era stato molto simile a quello di chi è abituato a comandare. E poi, cosa c'entrava Violet con la marchesa di Floràns? Perché l'unica cosa certa era che il giovane era corso a cercare la contessina, che non doveva diventare marchesa di Floràns ma casomai duchessa di Serendipia o di Duodeno superiore o quel che era. A meno che… No, non poteva essere, Thönet era uno stalliere, non certo un nobile. Per quanto, al suo arrivo lui aveva notato che le mani del giovane erano molto curate, non piene di vesciche, asperità e tagli come ci si sarebbe aspettati. E non parlava come i contadini e nemmeno come un artigiano. Mah, l'unica era aspettare il suo ritorno per avere delle risposte, intanto bisognava tenere il cavaliere al castello con ogni mezzo, così aveva… ordinato!
«Ecco, assaggi questo Château Parbleu-Cucù del '71… guardi che colore, che riflessi rosso fegato… e che mi dice del profumo di bacca di velopendula e del retrogusto di salame di cinghiale tartufato?».
«Scì! Prisciso! Sciarsciufato… sci sciente sciubithic… scuss… banf…».
I 18 gradi dello Château Parbleu non perdonano, soprattutto se prima non si mangia una robusta dose di pasticcio di soprassata larderellata e ciccioli. Fu così che il povero cavaliere stramazzò al suolo col bicchiere ancora in mano cominciando a russare rumorosamente ancor prima di toccare terra.
domenica 29 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 27
Correva Violet sul suo destriero, lo sguardo fisso davanti a sé, gli occhi privi della loro luce naturale. Correva instancabile verso un destino sconosciuto, vittima di un incantesimo che lasciava al caso la scelta della sua sorte. Boschi, radure, campi di grano, ormai confusi dalle ombre della notte scorrevano anonimi davanti a lei che così bene li conosceva.
Al suo passaggio attraverso un villaggio lasciò uno strano senso di disagio su quanti, riconoscendola, erano accorsi sulle soglie e si erano inchinati per salutarla. Anche i cani abbandonarono la strada e si rifugiarono al sicuro nelle case uggiolando, i bambini più piccoli cominciarono a piangere all'unisono.
Correva Thönet con lo stallone del Conte. Correva seguendo un istinto. Più volte superò coppie di cavalieri che da ore battevano la zona inutilmente e che lo guardavano come fosse un'apparizione. Miglia e miglia talvolta incrociando la strada di Violet, in altri momenti tagliando per sentieri diversi ma sempre ritrovandola lungo un percorso tracciato da un cartografo folle.
Correva anch'egli senza sosta, senza cercare tracce, la mente lucida, dietro una certezza: l'avrebbe ritrovata. O sarebbe stata la morte.
Correva Violet, il vestito miracolosamente intatto nonostante il passaggio attraverso boschi e rovi. Il colore adesso era di un azzurro ghiaccio, con disarmoniche striature verde acquamarina, come un mare dalle acque cristalline ma prive di vita. Uno stridente contrasto fra la bellezza assoluta della giovane e del suo abbigliamento con la freddezza ultraterrena che lasciava al suo passaggio.
Correva Thönet, senza quasi toccare il suolo, il cavallo lanciato in una corsa sfrenata bruciando l'erba al suo passaggio, fuoco che ardeva, istinto puro, uomo e animale insieme. La natura sembrava guardarli passare con speranza, in un muto incitamento a non fermarsi.
Correvano Violet e Thönet. Per quanto ancora?
Al suo passaggio attraverso un villaggio lasciò uno strano senso di disagio su quanti, riconoscendola, erano accorsi sulle soglie e si erano inchinati per salutarla. Anche i cani abbandonarono la strada e si rifugiarono al sicuro nelle case uggiolando, i bambini più piccoli cominciarono a piangere all'unisono.
Correva Thönet con lo stallone del Conte. Correva seguendo un istinto. Più volte superò coppie di cavalieri che da ore battevano la zona inutilmente e che lo guardavano come fosse un'apparizione. Miglia e miglia talvolta incrociando la strada di Violet, in altri momenti tagliando per sentieri diversi ma sempre ritrovandola lungo un percorso tracciato da un cartografo folle.
Correva anch'egli senza sosta, senza cercare tracce, la mente lucida, dietro una certezza: l'avrebbe ritrovata. O sarebbe stata la morte.
Correva Violet, il vestito miracolosamente intatto nonostante il passaggio attraverso boschi e rovi. Il colore adesso era di un azzurro ghiaccio, con disarmoniche striature verde acquamarina, come un mare dalle acque cristalline ma prive di vita. Uno stridente contrasto fra la bellezza assoluta della giovane e del suo abbigliamento con la freddezza ultraterrena che lasciava al suo passaggio.
Correva Thönet, senza quasi toccare il suolo, il cavallo lanciato in una corsa sfrenata bruciando l'erba al suo passaggio, fuoco che ardeva, istinto puro, uomo e animale insieme. La natura sembrava guardarli passare con speranza, in un muto incitamento a non fermarsi.
Correvano Violet e Thönet. Per quanto ancora?
sabato 28 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 26
Lasciato il cavaliere, mastro Berlucco come ogni sera discese nelle cantine con il pasto che portava segretamente a Thönet.
«Che giornata! Violet forse scomparsa e ora un cavaliere che viene a cercare il suo Signore, lord Tunn… Thön… o qualcosa del genere…».
«Violet? Lord Thön? Come avete detto? Parlate che diamine! Ditemi tutto! Non vi fate cavare le parole di bocca, per Ogino!!!».
«Thönet, calma! Lasciami andare! Ti racconto subito… Dunque, Violet è uscita per una cavalcata e non è ancora tornata dopo molte ore e già sono andati a cercarla alcuni uomini del castello. Non si sa bene se ci sia qualcosa sotto, alcuni parlano del matrimonio… voci da cameriere… che anzi ti riguarderebbero… ma sono sicuramente invenzioni… vero?».
«…Ecco… noi… cioè lei… volevo dire, io… Violet… ehmmmm… ditemi del cavaliere piuttosto…».
«Il cavaliere è arrivato poco fa e mi ha fatto un sacco di domande, pare che stia cercando il suo Signore, Tunqualcosa, che sarebbe diventato Marchese di Floràns e poi parlava di un nulla osta per non so che… ma quando gli ho detto di non averlo mai sentito non ha spiegato altro. Per caso tu l'hai conosciuto prima di venire qui da noi?».
«Marchese… allora il Gran Berengario di Misericòr è stato riconosciuto finalmente colpevole! …e io…». Come trasformato dalla notizia Thönet sembrava d'un tratto più alto e più bel… no, vabeh, diciamo che lo sguardo da umile aveva acquisito una fierezza insospettabile in lui.
«Trattenete il cavaliere al castello con qualsiasi mezzo, vado a cercare la futura marchesa di Floràns!!!».
Detto ciò infilò la porta e corse fuori verso l'armeria. Rolfraund Erik van Volksdrang colto di sorpresa dalla foga del giovane gli consegnò un'antica spada di un raro metallo nero venato di rosso, con la lama incisa di piccoli scudi e coppe, l'elsa smaltata di viola. Su di essa si narravano molte leggende, fra i suoi possessori si ricordavano Jan Karl da Antoniis il Biondo e Franz de Baris VI.
Subito dopo, preso il cavallo del Conte, si lanciò oltre le porte del castello in una corsa sfrenata…
«Che giornata! Violet forse scomparsa e ora un cavaliere che viene a cercare il suo Signore, lord Tunn… Thön… o qualcosa del genere…».
«Violet? Lord Thön? Come avete detto? Parlate che diamine! Ditemi tutto! Non vi fate cavare le parole di bocca, per Ogino!!!».
«Thönet, calma! Lasciami andare! Ti racconto subito… Dunque, Violet è uscita per una cavalcata e non è ancora tornata dopo molte ore e già sono andati a cercarla alcuni uomini del castello. Non si sa bene se ci sia qualcosa sotto, alcuni parlano del matrimonio… voci da cameriere… che anzi ti riguarderebbero… ma sono sicuramente invenzioni… vero?».
«…Ecco… noi… cioè lei… volevo dire, io… Violet… ehmmmm… ditemi del cavaliere piuttosto…».
«Il cavaliere è arrivato poco fa e mi ha fatto un sacco di domande, pare che stia cercando il suo Signore, Tunqualcosa, che sarebbe diventato Marchese di Floràns e poi parlava di un nulla osta per non so che… ma quando gli ho detto di non averlo mai sentito non ha spiegato altro. Per caso tu l'hai conosciuto prima di venire qui da noi?».
«Marchese… allora il Gran Berengario di Misericòr è stato riconosciuto finalmente colpevole! …e io…». Come trasformato dalla notizia Thönet sembrava d'un tratto più alto e più bel… no, vabeh, diciamo che lo sguardo da umile aveva acquisito una fierezza insospettabile in lui.
«Trattenete il cavaliere al castello con qualsiasi mezzo, vado a cercare la futura marchesa di Floràns!!!».
Detto ciò infilò la porta e corse fuori verso l'armeria. Rolfraund Erik van Volksdrang colto di sorpresa dalla foga del giovane gli consegnò un'antica spada di un raro metallo nero venato di rosso, con la lama incisa di piccoli scudi e coppe, l'elsa smaltata di viola. Su di essa si narravano molte leggende, fra i suoi possessori si ricordavano Jan Karl da Antoniis il Biondo e Franz de Baris VI.
Subito dopo, preso il cavallo del Conte, si lanciò oltre le porte del castello in una corsa sfrenata…
venerdì 27 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 25
Lasciamo nuovamente Violet alla sua cavalcata nel bosco e cerchiamo di capire cos'era successo…
Come già detto all'inizio, la vecchia era una strega contattata dalla figlia di un signorotto locale che era sempre stata gelosa di Violet. «Ecco la Principessina» diceva con invidia alle amiche quando la vedeva arrivare a una festa e tutti si giravano ad ammirare la sua bellezza.
«Voglio che sia ridotta a mendicare! Vestita di stracci! Dovrà rubare il cibo come un animale! La odiooooo!!!» così si era espressa quando la fattucchiera si presentò al suo cospetto.
Dopo una lunga contrattazione sul compenso, le due donne si accordarono e la strega elaborò e mise in atto il piano per realizzare il desiderio della giovane.
Come sicuramente saprete, i corsi di magia talvolta sono di una noia mortale, a maggior ragione per una giovane vecchia strega sensibile al fascino del suo insegnante.
I petali di rosa, notoriamente, possono servire per far sfiorire la giovinezza, mentre i chiodi di garofano normalmente legano a un maleficio, ma, come sta scritto in tutti i manuali, non vanno mai messi insieme. Infatti il chiodo, piantato nel petalo, lo strappa ed è sufficiente colpire il soggetto con un girasole affinché il sortilegio si ritorca contro chi l'ha ordinato. E la vecchia, quando era studentessa, si era effettivamente innamorata del suo professore di pozioni e polveri magiche, trascurando quindi lo studio di certe precauzioni…
Intanto, qualche ora dopo la fuga di Violet era arrivato al castello un cavaliere della marca di Floràns, che da tempo era stato mandato in cerca di lord Thön, unico erede della sua casata e di tutti i suoi possedimenti.
Il cavaliere fu accolto da mastro Berlucco, ormai palafreniere e stalliere a tempo pieno: «Ditemi, di grazia, avvenne forse che per queste terre ebbe a passare lo mio Signore? Egli manca ormai da casa da circa due anni ed io fui incaricato di trovarlo per comunicargli che nel frattempo è divenuto marchese di Floràns e che nulla osta più al ritorno nelle sue terre».
Mastro Berlucco ripassò mentalmente le figure di tutti i cavalieri giunti al castello per proporsi come pretendenti alla mano di Violet ma non ricordò nessun marchese di Floràns. Prese quindi il cavallo in consegna e accompagnò il cavaliere all'interno del castello affinché gli fosse preparato un alloggio per la notte.
Come già detto all'inizio, la vecchia era una strega contattata dalla figlia di un signorotto locale che era sempre stata gelosa di Violet. «Ecco la Principessina» diceva con invidia alle amiche quando la vedeva arrivare a una festa e tutti si giravano ad ammirare la sua bellezza.
«Voglio che sia ridotta a mendicare! Vestita di stracci! Dovrà rubare il cibo come un animale! La odiooooo!!!» così si era espressa quando la fattucchiera si presentò al suo cospetto.
Dopo una lunga contrattazione sul compenso, le due donne si accordarono e la strega elaborò e mise in atto il piano per realizzare il desiderio della giovane.
Come sicuramente saprete, i corsi di magia talvolta sono di una noia mortale, a maggior ragione per una giovane vecchia strega sensibile al fascino del suo insegnante.
I petali di rosa, notoriamente, possono servire per far sfiorire la giovinezza, mentre i chiodi di garofano normalmente legano a un maleficio, ma, come sta scritto in tutti i manuali, non vanno mai messi insieme. Infatti il chiodo, piantato nel petalo, lo strappa ed è sufficiente colpire il soggetto con un girasole affinché il sortilegio si ritorca contro chi l'ha ordinato. E la vecchia, quando era studentessa, si era effettivamente innamorata del suo professore di pozioni e polveri magiche, trascurando quindi lo studio di certe precauzioni…
Intanto, qualche ora dopo la fuga di Violet era arrivato al castello un cavaliere della marca di Floràns, che da tempo era stato mandato in cerca di lord Thön, unico erede della sua casata e di tutti i suoi possedimenti.
Il cavaliere fu accolto da mastro Berlucco, ormai palafreniere e stalliere a tempo pieno: «Ditemi, di grazia, avvenne forse che per queste terre ebbe a passare lo mio Signore? Egli manca ormai da casa da circa due anni ed io fui incaricato di trovarlo per comunicargli che nel frattempo è divenuto marchese di Floràns e che nulla osta più al ritorno nelle sue terre».
Mastro Berlucco ripassò mentalmente le figure di tutti i cavalieri giunti al castello per proporsi come pretendenti alla mano di Violet ma non ricordò nessun marchese di Floràns. Prese quindi il cavallo in consegna e accompagnò il cavaliere all'interno del castello affinché gli fosse preparato un alloggio per la notte.
giovedì 26 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 24
Il matrimonio con ser Sbad… col duca Ruperto era alle porte e Violet era stata chiamata per provare il vestito della cerimonia.
Avete già capito? …no…?
Secondo le indicazioni della vecchia che lo aveva portato al castello, i genitori fecero tirar fuori dalla cassapanca la veste blu, coperta ancora dai chiodi di garofano, petali di rosa e cannella, oltre alla misteriosa polvere.
Se già di per sé era forse il più bel vestito visto nel regno dai tempi di Leonia Virginia Eulalia principessa dell'Alto Burgermac-Wüsterfrost Elettrice di Lemonlast e Delfina dell'Impero, indossato da Violet fece inginocchiare dallo stupore le tre cameriere addette alla vestizione.
Di un tessuto finissimo ma coprente, calava leggero sull'esile figura della giovane, aderendo in alcuni punti come un tatuaggio. Gli arabeschi di oro zecchino sembravano disegnare le linee principali della sua circolazione sanguigna e apparivano in rilievo ad ogni suo respiro. Il colore blu pareva cambiare con la luce adattandosi al riflesso dei suoi occhi, anzi forse alle emozioni che attraverso di essi trasparivano all'esterno. Alti stivali e lunghi guanti, entrambi di morbidissima pelle di un delicato verde turchese completavano il tutto.
Mentre si rimirava allo specchio soddisfatta di sé, la cameriera più giovane si lasciò sfuggire «Come siete bella, mia Signora, se solo Thönet potesse vederVi…».
«Beh mi vedr… Che cosa hai detto??? Cosa c'entra Thönet adesso? Dovrei forse chiedere l'approvazione di… di uno… stalliere?». Mentre diceva così, la mente, e non solo quella, tornò alle mani e alle labbra del giovane che la percorrevano inesperte ma avide di quelle nuove fantastiche emozioni. Il vestito assunse rapidamente un colore blu notte con venature cangianti dal viola all'arancione, come la luce dell'alba che esplode sprezzante di ferire gli occhi del contadino ancora stanco del lavoro del giorno precedente.
D'un tratto la sua espressione cambiò, lo sguardo si fece vuoto. Sbrigativamente disse di volersi far veder da sua madre e uscì velocemente dalla camera, ma invece di dirigersi verso il salone principale andò nelle stalle, si fece sellare un cavallo e partì al galoppo, infilandosi nel bosco dove l'abbiamo trovata all'inizio della storia…
Avete già capito? …no…?
Secondo le indicazioni della vecchia che lo aveva portato al castello, i genitori fecero tirar fuori dalla cassapanca la veste blu, coperta ancora dai chiodi di garofano, petali di rosa e cannella, oltre alla misteriosa polvere.
Se già di per sé era forse il più bel vestito visto nel regno dai tempi di Leonia Virginia Eulalia principessa dell'Alto Burgermac-Wüsterfrost Elettrice di Lemonlast e Delfina dell'Impero, indossato da Violet fece inginocchiare dallo stupore le tre cameriere addette alla vestizione.
Di un tessuto finissimo ma coprente, calava leggero sull'esile figura della giovane, aderendo in alcuni punti come un tatuaggio. Gli arabeschi di oro zecchino sembravano disegnare le linee principali della sua circolazione sanguigna e apparivano in rilievo ad ogni suo respiro. Il colore blu pareva cambiare con la luce adattandosi al riflesso dei suoi occhi, anzi forse alle emozioni che attraverso di essi trasparivano all'esterno. Alti stivali e lunghi guanti, entrambi di morbidissima pelle di un delicato verde turchese completavano il tutto.
Mentre si rimirava allo specchio soddisfatta di sé, la cameriera più giovane si lasciò sfuggire «Come siete bella, mia Signora, se solo Thönet potesse vederVi…».
«Beh mi vedr… Che cosa hai detto??? Cosa c'entra Thönet adesso? Dovrei forse chiedere l'approvazione di… di uno… stalliere?». Mentre diceva così, la mente, e non solo quella, tornò alle mani e alle labbra del giovane che la percorrevano inesperte ma avide di quelle nuove fantastiche emozioni. Il vestito assunse rapidamente un colore blu notte con venature cangianti dal viola all'arancione, come la luce dell'alba che esplode sprezzante di ferire gli occhi del contadino ancora stanco del lavoro del giorno precedente.
D'un tratto la sua espressione cambiò, lo sguardo si fece vuoto. Sbrigativamente disse di volersi far veder da sua madre e uscì velocemente dalla camera, ma invece di dirigersi verso il salone principale andò nelle stalle, si fece sellare un cavallo e partì al galoppo, infilandosi nel bosco dove l'abbiamo trovata all'inizio della storia…
mercoledì 25 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 23
I neuroni di Thönet nel frattempo erano diventati assolutamente inutili: una buona parte erano in rianimazione, alcuni si erano messi a giocare a moscacieca, certi sfogliavano margherite, mentre un gruppetto dei più anziani incitava il giovane con grida e lazzi, scommettendo su chi dei due avrebbe avuto bisogno di respirare per primo.
Guidata dall'istinto più che dall'esperienza una sua mano finì su un seno di Violet.
Thönet la vide distrattamente e solo dopo un po' si rese conto che era la sua.
Fu così che la staccò come se la veste della ragazza avesse preso fuoco, salvo vedersela rimettere sul seno da lei stessa.
Incuriosito dalla reazione prese coraggio e mise anche la seconda sull'altro.
Violet la tolse immediatamente.
Preoccupato di aver fatto qualcosa di sbagliato Thönet levò anche l'altra scostandosi leggermente.
La giovane allora gli prese la testa e se la spinse fra i seni, cominciando a carezzargli la nuca.
Sconcertato, stordito e mezzo soffocato Thönet cercò l'equilibrio vorticando le mani e afferrando un lembo della veste di Violet…
I due capitombolarono a terra, lui sotto con un capezzolo fra le labbra, lei a cavalcioni, consapevole d'un tratto di cosa stesse succedendo.
Cercando ti togliersi da quell'incresciosa posizione quasi spiaccicò l'unica parte ancora cosciente del giovane. Nel controbilanciarsi la veste le si rialzò facendo comprendere al giovane come un assaggio di paradiso fosse a pochi palmi da lui.
Si era appena rimessa in piedi che da dietro la porta si sentì la voce di mastro Berlucco sussurrare: «Mia Signora, dovete risalire, presto, Vi stanno cercando per tutto il castello!».
In un attimo fece rientrare il seno nella scollatura, baciò avidamente Thönet e si dileguò nel corridoio oltre la porta.
Guidata dall'istinto più che dall'esperienza una sua mano finì su un seno di Violet.
Thönet la vide distrattamente e solo dopo un po' si rese conto che era la sua.
Fu così che la staccò come se la veste della ragazza avesse preso fuoco, salvo vedersela rimettere sul seno da lei stessa.
Incuriosito dalla reazione prese coraggio e mise anche la seconda sull'altro.
Violet la tolse immediatamente.
Preoccupato di aver fatto qualcosa di sbagliato Thönet levò anche l'altra scostandosi leggermente.
La giovane allora gli prese la testa e se la spinse fra i seni, cominciando a carezzargli la nuca.
Sconcertato, stordito e mezzo soffocato Thönet cercò l'equilibrio vorticando le mani e afferrando un lembo della veste di Violet…
I due capitombolarono a terra, lui sotto con un capezzolo fra le labbra, lei a cavalcioni, consapevole d'un tratto di cosa stesse succedendo.
Cercando ti togliersi da quell'incresciosa posizione quasi spiaccicò l'unica parte ancora cosciente del giovane. Nel controbilanciarsi la veste le si rialzò facendo comprendere al giovane come un assaggio di paradiso fosse a pochi palmi da lui.
Si era appena rimessa in piedi che da dietro la porta si sentì la voce di mastro Berlucco sussurrare: «Mia Signora, dovete risalire, presto, Vi stanno cercando per tutto il castello!».
In un attimo fece rientrare il seno nella scollatura, baciò avidamente Thönet e si dileguò nel corridoio oltre la porta.
martedì 24 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 22
Per un tempo che a un osservatore esterno sarebbe sembrato lunghissimo i due rimasero in silenzio. Nella testa, o per meglio dire nel cuore, di Thönet un mare in tempesta faceva ora sollevare la prua in un impeto di gioia e di amore, ora affondare negli abissi più scuri del dolore e della tristezza. Un momento, preda di una certezza che gli derivava dallo stesso sangue, le sarebbe caduto davanti in ginocchio per disegnarle un futuro insieme dove la somma di due dava uno, ma molto più completo. Tutto si incastrava alla perfezione, il desiderio dell'una era gioia per l'altro. Un attimo dopo la realtà lo sprofondava nei pensieri più cupi, gli faceva vedere l'abisso che li separava per sempre.
E Violet? Ancora sorpresa di vederlo davanti a sé, non riusciva a dare una sequenza logica ai suoi pensieri. Era contenta di vederlo, questo sì, ne era sicura, ma perché? Poteva chiedergli se era stato lui a carezzarla durante la notte per mezzo dei petali vellutati su cui era distesa? Era sempre lui che aveva scritto quelle cose? E perché si sentiva così strana in sua presenza, abituata a frequentare cavalieri e principi, sapienti e servi, cosa aveva di diverso quello stalliere?
Chi dei due si era mosso? Lo avevano fatto insieme? Impossibile stabilirlo con certezza ora che le loro labbra erano unite, gli occhi chiusi per amplificare il brivido che li stava percorrendo, le punte delle lingue che fingevano una schermaglia in attesa che il sapore dell'altro le facesse soccombere pervadendo la bocca e il palato. I rispettivi mondi si sarebbero aperti più che dopo giornate intere passate a parlare e i cinque sensi di ognuno avrebbero fatto la loro scelta.
E Violet? Ancora sorpresa di vederlo davanti a sé, non riusciva a dare una sequenza logica ai suoi pensieri. Era contenta di vederlo, questo sì, ne era sicura, ma perché? Poteva chiedergli se era stato lui a carezzarla durante la notte per mezzo dei petali vellutati su cui era distesa? Era sempre lui che aveva scritto quelle cose? E perché si sentiva così strana in sua presenza, abituata a frequentare cavalieri e principi, sapienti e servi, cosa aveva di diverso quello stalliere?
Chi dei due si era mosso? Lo avevano fatto insieme? Impossibile stabilirlo con certezza ora che le loro labbra erano unite, gli occhi chiusi per amplificare il brivido che li stava percorrendo, le punte delle lingue che fingevano una schermaglia in attesa che il sapore dell'altro le facesse soccombere pervadendo la bocca e il palato. I rispettivi mondi si sarebbero aperti più che dopo giornate intere passate a parlare e i cinque sensi di ognuno avrebbero fatto la loro scelta.
lunedì 23 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 21
La mattina dopo, uscita dal letto, si accorse che uno dei petali scuri le era rimasto su un seno. Staccatolo lo mise nella coppa di vetro come era scritto nella lettera. Al suo posto una macchia purpurea era rimasta sulla pelle, come un bacio rubato.
Aveva dormito proprio bene, un sonno profondo, rilassato, come da tanto non le succedeva.
A mente fresca provò a ripensare a chi potesse essere l'autore del gesto della sera precedente. L'unico indizio serio faceva supporre che fosse stato Thönet, ma da giorni nessuno l'aveva più visto e poi era un semplice stalliere, come poteva aver scritto quelle cose? Del resto però anche il libretto trovato nel fieno…
Non venendone a capo decise quindi di fare una passeggiata a cavallo per cui discese alle stalle.
Mastro Berlucco non c'era, quindi si diresse alle cantine e stava per aprirne la porta quando sentì dire: «Figliolo, devi prendere una decisione, non puoi continuare a vivere così, per di più nascosto… Capisco il tuo stato d'animo, le tue paure, ma rimanere qua sotto non servirà a niente. Prendi piuttosto e vai in un altro paese, il tempo ti aiuterà a dimenticare, troverai una brava figliola e metterai su famiglia e del castello avrai un ricordo sempre più vago».
«Mastro Berlucco, voi non capite… la mia vita non avrebbe senso lontano da lei, mentre qui le sarò sempre vicino e questo petalo mi farà ricordare la sua pelle, il suo odore e quando sentirò i suoi passi qui sopra, nella stalla, il mio cuore batterà al loro ritmo. Qui tutto mi parla di lei, queste mura che l'hanno vista crescere, che si sono rimbalzate il suono della sua voce, che hanno visto i corridoi risplendere per il suo sorriso…».
«Ma ti rendi conto che fra poco si sposerà, forse andrà a vivere in un altro castello, che non puoi rinunciare alla tua vita per seguire un sogno, che Violet…». Mastro Berlucco si fermò a metà frase, Violet era entrata silenziosamente e si trovava di fronte a lui.
Altre volte aveva visto quello sguardo negli occhi di una donna, ma mai con quella intensità. Si girò verso Thönet, in piedi anche lui attonito, quasi stregato dalla presenza della giovane e, dirigendosi verso la porta disse: «Vi lascio soli, credo che abbiate diverse cose da dirvi…».
Aveva dormito proprio bene, un sonno profondo, rilassato, come da tanto non le succedeva.
A mente fresca provò a ripensare a chi potesse essere l'autore del gesto della sera precedente. L'unico indizio serio faceva supporre che fosse stato Thönet, ma da giorni nessuno l'aveva più visto e poi era un semplice stalliere, come poteva aver scritto quelle cose? Del resto però anche il libretto trovato nel fieno…
Non venendone a capo decise quindi di fare una passeggiata a cavallo per cui discese alle stalle.
Mastro Berlucco non c'era, quindi si diresse alle cantine e stava per aprirne la porta quando sentì dire: «Figliolo, devi prendere una decisione, non puoi continuare a vivere così, per di più nascosto… Capisco il tuo stato d'animo, le tue paure, ma rimanere qua sotto non servirà a niente. Prendi piuttosto e vai in un altro paese, il tempo ti aiuterà a dimenticare, troverai una brava figliola e metterai su famiglia e del castello avrai un ricordo sempre più vago».
«Mastro Berlucco, voi non capite… la mia vita non avrebbe senso lontano da lei, mentre qui le sarò sempre vicino e questo petalo mi farà ricordare la sua pelle, il suo odore e quando sentirò i suoi passi qui sopra, nella stalla, il mio cuore batterà al loro ritmo. Qui tutto mi parla di lei, queste mura che l'hanno vista crescere, che si sono rimbalzate il suono della sua voce, che hanno visto i corridoi risplendere per il suo sorriso…».
«Ma ti rendi conto che fra poco si sposerà, forse andrà a vivere in un altro castello, che non puoi rinunciare alla tua vita per seguire un sogno, che Violet…». Mastro Berlucco si fermò a metà frase, Violet era entrata silenziosamente e si trovava di fronte a lui.
Altre volte aveva visto quello sguardo negli occhi di una donna, ma mai con quella intensità. Si girò verso Thönet, in piedi anche lui attonito, quasi stregato dalla presenza della giovane e, dirigendosi verso la porta disse: «Vi lascio soli, credo che abbiate diverse cose da dirvi…».
domenica 22 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 20
Indubbiamente in quei giorni di cose strane ne succedevano parecchie e si andavano a sommare alla "macchina da guerra" mossa dalla madre di Violet per organizzare il matrimonio di lì a tre mesi. Per altro la giovane era sempre riuscita ad evitare di pronunciare il sì definitivo, anche se tutti parevano darlo per scontato.
Thönet sembrava definitivamente scomparso chissà dove.
Una sera, dopo aver congedato la sua cameriera personale, Violet sollevò il lenzuolo per entrare nel letto e… non riusciva a credere ai suoi occhi! Il letto era letteralmente cosparso di petali di rosa, di un colore fucsia pastello e nel mezzo, altri petali di un rosso scuro con venature quasi nere, formavano una V e una T incrociate. A fatica richiuse la bocca rimasta aperta per qualche secondo e cominciò a fare supposizioni su chi avesse potuto fare una cosa del genere. Gli appartamenti non erano certo sorvegliati, ma anche solo portare tutti quei petali nella camera e poi sistemarli in quel modo… Nessuno della servitù avrebbe osato e neppure aver potuto pensare una cosa del genere. I cavalieri erano tornati ai rispettivi castelli, compreso il promesso sposo. Kemal, l'aveva vista nascere e poi era sempre più spesso impegnato con la cuoca con quelle storie di falchi, cerbiatte e giunchi vari. Ancora non era giunta a nessuna conclusione plausibile quando scorse un foglio ripiegato uscire da sotto il cuscino. Lentamente, senza far cadere i petali, lo prese e si mise a leggerlo:
«Ho baciato ognuno di questi petali sui due lati, nella speranza che il Vostro corpo vi si stenda sopra così che io possa in questo modo percorrerlo con le mie labbra. Al mattino vogliate prenderne uno e metterlo nella coppa di vetro che è sul tavolo della Vostra camera. Quando lo avrò, il profumo della Vostra pelle che lo avrà impregnato durante la notte, mi ripagherà della sofferenza di non poterVi stare vicino come vorrei.»
Nessuna firma, solo quella T di petali rossi incrociata con la sua iniziale.
Come ipnotizzata Violet posò il foglio sul tavolo e lasciò cadere la veste ai suoi piedi. Quindi si sdraiò sopra quel morbido tappeto e si addormentò all'istante come sotto le carezze dello sconosciuto amante.
Thönet sembrava definitivamente scomparso chissà dove.
Una sera, dopo aver congedato la sua cameriera personale, Violet sollevò il lenzuolo per entrare nel letto e… non riusciva a credere ai suoi occhi! Il letto era letteralmente cosparso di petali di rosa, di un colore fucsia pastello e nel mezzo, altri petali di un rosso scuro con venature quasi nere, formavano una V e una T incrociate. A fatica richiuse la bocca rimasta aperta per qualche secondo e cominciò a fare supposizioni su chi avesse potuto fare una cosa del genere. Gli appartamenti non erano certo sorvegliati, ma anche solo portare tutti quei petali nella camera e poi sistemarli in quel modo… Nessuno della servitù avrebbe osato e neppure aver potuto pensare una cosa del genere. I cavalieri erano tornati ai rispettivi castelli, compreso il promesso sposo. Kemal, l'aveva vista nascere e poi era sempre più spesso impegnato con la cuoca con quelle storie di falchi, cerbiatte e giunchi vari. Ancora non era giunta a nessuna conclusione plausibile quando scorse un foglio ripiegato uscire da sotto il cuscino. Lentamente, senza far cadere i petali, lo prese e si mise a leggerlo:
«Ho baciato ognuno di questi petali sui due lati, nella speranza che il Vostro corpo vi si stenda sopra così che io possa in questo modo percorrerlo con le mie labbra. Al mattino vogliate prenderne uno e metterlo nella coppa di vetro che è sul tavolo della Vostra camera. Quando lo avrò, il profumo della Vostra pelle che lo avrà impregnato durante la notte, mi ripagherà della sofferenza di non poterVi stare vicino come vorrei.»
Nessuna firma, solo quella T di petali rossi incrociata con la sua iniziale.
Come ipnotizzata Violet posò il foglio sul tavolo e lasciò cadere la veste ai suoi piedi. Quindi si sdraiò sopra quel morbido tappeto e si addormentò all'istante come sotto le carezze dello sconosciuto amante.
sabato 21 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 19
Gli occhi di Violet si spalancarono come non mai, non poteva credere alle sue orecchie! Del resto tutto era successo troppo in fretta: aveva dato il suo assenso al matrimonio, era stata sottoposta a quella passerella di pretendenti e si era ritrovata quel Gransaraccodinosocosa appiccicato addosso. Certo, poteva dire di no, aveva preso tempo con la scusa di essere particolarmente stanca per tutto quel viavai di cavalieri, ma non sarebbe stato così semplice. Ah, e poi c'era Thönet… Dov'era finito? Cioè, perché era così interessata, anzi, preoccupata per la sua sparizione?
Stava per entrare nelle sue stanze quando fu raggiunta dalla cuoca.
«Mia Siòra, so che me cercavate» disse facendo un mezzo inchino.
«Ah! Finalmente! Sì, alla buon'ora, entra, su…».
Chiusa la porta Violet le fece cenno di sedersi.
«Su, siediti, che ho bisogno di chiederti alcune cose…».
«Se è per el pastisso de quaglie in salsa de mirtilli e besciamella ai funghi su letto di asparagi che x'era poco cremosa, ecco, io…».
«Ma di che stai parlando? Nonò, ecco, se ti ricordi l'altra mattina, quando sono entrata da Kemal… che tu… cioè voi… ma piucchealtro tu… insomma… volevo sapere… lui era… no, anzi tu stavi…».
«Ahhhh! Quelo? El g'ho impara' quando che lavoravo alla Taverna del Porcello Soddisfatto, x'era la specialità di Samantha Linguafelpata, Samantha con l'acca dopo la 'a', come puntualizzava ela, senza però specificare quale. E cossì qualcuno la ciamava Shamanta e lei se 'rabiava de brutto! Ahahahah!!!».
«Sì, ma lascia stare Samanthaconl'accadovelepare e dimmi piuttosto come… cosa… insomma…».
«Beh, dunque, g'ha presente 'l giunco che se protende verso la cerbiatta all'abbeverata?».
Un po' interdetta Violet rispose «Sì, certo…».
«E'l falco che ruota scendendo in cerchi sempre più stretti su la volpe che fugge?».
«Ehmmmmm… immagino di sì…».
«Ecco, alora, mia signora, deve pensar alla volpe che si appoggia al giunco facendo i movimenti del falco e dela cerbiatta che se sta 'beverando ma alternando la velocità del picchio al ruminar de 'na vaca».
«Ma cosa c'entrano adesso il picchio e la mucca? In camera non c'era nemmeno una volpe, almeno che abbia visto io!».
«Per el sacro prepuzio di Onan! Ma tosa mia, to mare non ti g'ha deto nula? Possibile che alla toa età non sappia far rialzare un giunco sul far dell'alba dopo che la cerbiatta xè abbeverata tre volte? E poi me vien a chiedar de spiegarte il "chétalamònaca festoso rovesciato"??? Ahahahah!!!».
Violet impallidì. Una semplice cuoca le stava dando di ignorante, rideva come una matta e lei non sapeva nemmeno di cosa stesse parlando…
Stava per entrare nelle sue stanze quando fu raggiunta dalla cuoca.
«Mia Siòra, so che me cercavate» disse facendo un mezzo inchino.
«Ah! Finalmente! Sì, alla buon'ora, entra, su…».
Chiusa la porta Violet le fece cenno di sedersi.
«Su, siediti, che ho bisogno di chiederti alcune cose…».
«Se è per el pastisso de quaglie in salsa de mirtilli e besciamella ai funghi su letto di asparagi che x'era poco cremosa, ecco, io…».
«Ma di che stai parlando? Nonò, ecco, se ti ricordi l'altra mattina, quando sono entrata da Kemal… che tu… cioè voi… ma piucchealtro tu… insomma… volevo sapere… lui era… no, anzi tu stavi…».
«Ahhhh! Quelo? El g'ho impara' quando che lavoravo alla Taverna del Porcello Soddisfatto, x'era la specialità di Samantha Linguafelpata, Samantha con l'acca dopo la 'a', come puntualizzava ela, senza però specificare quale. E cossì qualcuno la ciamava Shamanta e lei se 'rabiava de brutto! Ahahahah!!!».
«Sì, ma lascia stare Samanthaconl'accadovelepare e dimmi piuttosto come… cosa… insomma…».
«Beh, dunque, g'ha presente 'l giunco che se protende verso la cerbiatta all'abbeverata?».
Un po' interdetta Violet rispose «Sì, certo…».
«E'l falco che ruota scendendo in cerchi sempre più stretti su la volpe che fugge?».
«Ehmmmmm… immagino di sì…».
«Ecco, alora, mia signora, deve pensar alla volpe che si appoggia al giunco facendo i movimenti del falco e dela cerbiatta che se sta 'beverando ma alternando la velocità del picchio al ruminar de 'na vaca».
«Ma cosa c'entrano adesso il picchio e la mucca? In camera non c'era nemmeno una volpe, almeno che abbia visto io!».
«Per el sacro prepuzio di Onan! Ma tosa mia, to mare non ti g'ha deto nula? Possibile che alla toa età non sappia far rialzare un giunco sul far dell'alba dopo che la cerbiatta xè abbeverata tre volte? E poi me vien a chiedar de spiegarte il "chétalamònaca festoso rovesciato"??? Ahahahah!!!».
Violet impallidì. Una semplice cuoca le stava dando di ignorante, rideva come una matta e lei non sapeva nemmeno di cosa stesse parlando…
venerdì 20 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 18
La mattina dopo i genitori chiamarono Violet per proporgli il candidato alla sua mano che avevano ritenuto più valido fra i tanti presentatisi.
La scelta era ricaduta sul duca Ruperto Venceslao Molibdeno dei Principi di Duodeno Superiore, Gran Saracco di Serendipia, Lampredotto di Gran Croce dell'Ordine delle Mondine dell'Oltreboh-Rondò, nonché Primo Giudice nel concorso annuale di Miss Natica, passo obbligato per le damigelle che volessero pertecipare al più importante Ciapèt d'Or che ha notoriamente un rilievo internazionale.
Egli era un uomo né brutto né bello di mezza età. Alto, capelli brizzolati, fisico che dimostrava ancora una certa confidenza con l'attività fisica e trascorsi invidiabili nella lotta a mignolo di ferro.
I suoi possedimenti erano vasti quanto tre giornate a cavallo. O per lo meno se quest'ultimo era zoppo, perché dopo anni di scaramucce e battaglie legali non era ancora riuscito ad annettersi un bosco che terminava alle pendici del monte Spuntato, così chiamato non perché consumato nel corso delle ere geologiche ma perché il giorno prima al suo posto c'era una palude.
Il duca Ruperto avrebbe sicuramente mantenuto il livello di agio a cui era abituata Violet e il suo animo tranquillo le avrebbe probabilmente evitato una vedovanza anticipata, ma nello stesso tempo faceva venire qualche dubbio sulla possibilità di generare un erede per le casate riunite: il suo soprannome era infatti ser Sbadiglio.
La scelta era ricaduta sul duca Ruperto Venceslao Molibdeno dei Principi di Duodeno Superiore, Gran Saracco di Serendipia, Lampredotto di Gran Croce dell'Ordine delle Mondine dell'Oltreboh-Rondò, nonché Primo Giudice nel concorso annuale di Miss Natica, passo obbligato per le damigelle che volessero pertecipare al più importante Ciapèt d'Or che ha notoriamente un rilievo internazionale.
Egli era un uomo né brutto né bello di mezza età. Alto, capelli brizzolati, fisico che dimostrava ancora una certa confidenza con l'attività fisica e trascorsi invidiabili nella lotta a mignolo di ferro.
I suoi possedimenti erano vasti quanto tre giornate a cavallo. O per lo meno se quest'ultimo era zoppo, perché dopo anni di scaramucce e battaglie legali non era ancora riuscito ad annettersi un bosco che terminava alle pendici del monte Spuntato, così chiamato non perché consumato nel corso delle ere geologiche ma perché il giorno prima al suo posto c'era una palude.
Il duca Ruperto avrebbe sicuramente mantenuto il livello di agio a cui era abituata Violet e il suo animo tranquillo le avrebbe probabilmente evitato una vedovanza anticipata, ma nello stesso tempo faceva venire qualche dubbio sulla possibilità di generare un erede per le casate riunite: il suo soprannome era infatti ser Sbadiglio.
giovedì 19 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 17*
I giorni passavano tutti uguali per Violet, i cavalieri si presentavano nelle loro più o meno sfavillanti armature, dichiaravano di voler servire e proteggere la contessina e il suo casato fino e oltre la morte, quindi il gran baccelliere, che spesso era un servo rivestito per la bisogna alla meno peggio, dichiarava i possedimenti e le rendite del nobile. Un profluvio di nomi, castelli, fattorie, un'interminabile sequela di armenti, cubiti di legname, ettari di pascolo e boschi, passò inascoltato attraverso le orecchie di Violet, seduta sempre più scompostamente fra i genitori e con lo sguardo immerso in pensieri che non conosceva.
Spesso si era preoccupata per una febbre del suo cavallo, per un'indisposizione di uno dei segugi del castello, mai però si era soffermata su una qualche sofferenza o tanto meno sulle vicende personali di alcuno dei servi o delle cameriere. Da oltre una settimana però Thönet era scomparso. Almeno una volta al giorno era scesa alle stalle con la scusa di fare una cavalcata o di controllare il suo destriero, ma del giovane non c'era traccia e nemmeno mastro Berlucco, ormai costretto ad un duplice lavoro che lo stava uccidendo, pareva saperne nulla.
La mattina del decimo giorno, mentre stringeva il sottopancia della sella, scorse quello che poi si rivelò un libretto sbucare da un mucchio di fieno. Incuriosita lo estrasse e lo ripulì velocemente con le mani. La copertina era di morbidissima pelle e un nastro di seta viola lo chiudeva con un fiocco. Una volta aperto le si bloccò il respiro: il suo nome riempiva la prima pagina, infiorato di ghirigori pazienti che solo una mano esercitata avrebbe potuto tracciare. Disegni di strane piante, animali dei più fantastici e uccelli di ogni tipo si intrecciavano fondendo il tutto in un'unica miniatura. Non sapendo più che cosa aspettarsi girò il foglio e trovò quelli che sembravano appunti, cancellature, file di parole sparse e due sequenze di tre righe evidenziate da due cerchiature.
La prima era:
La seconda, non meno oscura:
Spesso si era preoccupata per una febbre del suo cavallo, per un'indisposizione di uno dei segugi del castello, mai però si era soffermata su una qualche sofferenza o tanto meno sulle vicende personali di alcuno dei servi o delle cameriere. Da oltre una settimana però Thönet era scomparso. Almeno una volta al giorno era scesa alle stalle con la scusa di fare una cavalcata o di controllare il suo destriero, ma del giovane non c'era traccia e nemmeno mastro Berlucco, ormai costretto ad un duplice lavoro che lo stava uccidendo, pareva saperne nulla.
La mattina del decimo giorno, mentre stringeva il sottopancia della sella, scorse quello che poi si rivelò un libretto sbucare da un mucchio di fieno. Incuriosita lo estrasse e lo ripulì velocemente con le mani. La copertina era di morbidissima pelle e un nastro di seta viola lo chiudeva con un fiocco. Una volta aperto le si bloccò il respiro: il suo nome riempiva la prima pagina, infiorato di ghirigori pazienti che solo una mano esercitata avrebbe potuto tracciare. Disegni di strane piante, animali dei più fantastici e uccelli di ogni tipo si intrecciavano fondendo il tutto in un'unica miniatura. Non sapendo più che cosa aspettarsi girò il foglio e trovò quelli che sembravano appunti, cancellature, file di parole sparse e due sequenze di tre righe evidenziate da due cerchiature.
La prima era:
Occhi di tigre,
sintonia di anima.
resa del cuore.
sintonia di anima.
resa del cuore.
La seconda, non meno oscura:
Inaspettata:
mi accende la mente,
il cuore cede.
*Le due composizioni sono in forma di haiku, sebbene storicamente la forma 5/7/5 sia stata istituzionalizzata successivamente agli eventi del racconto.
mi accende la mente,
il cuore cede.
*Le due composizioni sono in forma di haiku, sebbene storicamente la forma 5/7/5 sia stata istituzionalizzata successivamente agli eventi del racconto.
mercoledì 18 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 16
Ottone V detto il Lustro, così nominato per l'assoluta calvizie, seguì a Erbengario IV di Peperlizia, contea rinomata per la varietà di ortaggi dal sapore acuto. Quindi fu la volta di Liutprando Farolfo di Voltate in Brianza, Gran Cavaliere del Supremo Ordine dei Custodi del Segreto della Chiave del Forziere del Mistero delle Mura del Tempio di Gerusalemme.
Va subito detto che non tutti i cavalieri erano aitanti giovani dalle lucenti armature arabescate e dai sostanziosi patrimoni familiari, al contrario, la gran parte di essi aveva ormai superato la mezza età e spesso emanava anche aromi tali da far scappare i servi meno avveduti in preda a conati violenti. La stessa madre di Violet, allorquando il duca Warfremio Liebig-Knorr, meglio noto come il Gran Glutammato, fece svolazzare il mantello girandosi per uscire, ebbe un mancamento dovuto ai miasmi di cipolla, carote e sedano emanati dal tessuto.
Ultimo, sul far del tramonto, fu Rupertomaria LXXVIII, barone di Roccafranata, detto il Sansnick perché essendo di famiglia numerosa i parenti non avevano trovato alcun soprannome che non fosse già stato dato ad altri.
Stanchi per la giornata Violet e i suoi genitori consumarono una veloce cena e si ritirarono nei loro appartamenti.
Violet una volta a letto cominciò a rigirarsi nervosamente in preda ai pensieri. Non era riuscita a parlare con la cuoca e Thönet era scomparso, tanto che i cavalieri che arrivavano al castello furono ricevuti di malavoglia da mastro Berlucco, l'unico che avesse una certa dimestichezza con i palafreni da condurre nella stalla.
Già, ma la domanda a cui non riusciva a dare risposta era «Perché anche durante la sfilata dei pretendenti aveva pensato quasi soltanto allo stalliere?».
Thönet intanto era stato chiuso a chiave dal cantiniere per evitare che facesse guai mentre era ubriaco fradicio. Lasciato solo aveva spostato decine e decine di bottiglie della riserva del castello in modo tale che quelle di vino rosso creassero come dei vuoti e le altre, più chiare formassero una parola in negativo per tutta la grandezza della parete della cantina: VIOLET.
Una volta finito si era addormentato e ora la stava sognando: Violet era rientrata da una cavalcata e lui per agevolarle la discesa dall'arcione le aveva fatto poggiare un piede fra le sue mani. Avvolto da un profumo di biancospino, cannella e noce moscata aveva preso a baciarlo. Le labbra erano quindi scivolate lungo la sottile caviglia e sembravano voler insistere sullo stesso punto come la risacca quando attende che la luna ordini alla marea di spingersi oltre ma…
Il verso di una civetta fattasi molto vicina alla finestra svegliò Violet di soprassalto. Il respiro vagamente accelerato, le dita che indugiavano con i bordi della veste da notte tirata stranamente su. Cosa stava sognando? Era convinta che fosse qualcosa di piacevole, ma per quanto si sforzasse di ricordare non riusciva che a vedere per un attimo la stalla, poi più nulla.
Va subito detto che non tutti i cavalieri erano aitanti giovani dalle lucenti armature arabescate e dai sostanziosi patrimoni familiari, al contrario, la gran parte di essi aveva ormai superato la mezza età e spesso emanava anche aromi tali da far scappare i servi meno avveduti in preda a conati violenti. La stessa madre di Violet, allorquando il duca Warfremio Liebig-Knorr, meglio noto come il Gran Glutammato, fece svolazzare il mantello girandosi per uscire, ebbe un mancamento dovuto ai miasmi di cipolla, carote e sedano emanati dal tessuto.
Ultimo, sul far del tramonto, fu Rupertomaria LXXVIII, barone di Roccafranata, detto il Sansnick perché essendo di famiglia numerosa i parenti non avevano trovato alcun soprannome che non fosse già stato dato ad altri.
Stanchi per la giornata Violet e i suoi genitori consumarono una veloce cena e si ritirarono nei loro appartamenti.
Violet una volta a letto cominciò a rigirarsi nervosamente in preda ai pensieri. Non era riuscita a parlare con la cuoca e Thönet era scomparso, tanto che i cavalieri che arrivavano al castello furono ricevuti di malavoglia da mastro Berlucco, l'unico che avesse una certa dimestichezza con i palafreni da condurre nella stalla.
Già, ma la domanda a cui non riusciva a dare risposta era «Perché anche durante la sfilata dei pretendenti aveva pensato quasi soltanto allo stalliere?».
Thönet intanto era stato chiuso a chiave dal cantiniere per evitare che facesse guai mentre era ubriaco fradicio. Lasciato solo aveva spostato decine e decine di bottiglie della riserva del castello in modo tale che quelle di vino rosso creassero come dei vuoti e le altre, più chiare formassero una parola in negativo per tutta la grandezza della parete della cantina: VIOLET.
Una volta finito si era addormentato e ora la stava sognando: Violet era rientrata da una cavalcata e lui per agevolarle la discesa dall'arcione le aveva fatto poggiare un piede fra le sue mani. Avvolto da un profumo di biancospino, cannella e noce moscata aveva preso a baciarlo. Le labbra erano quindi scivolate lungo la sottile caviglia e sembravano voler insistere sullo stesso punto come la risacca quando attende che la luna ordini alla marea di spingersi oltre ma…
Il verso di una civetta fattasi molto vicina alla finestra svegliò Violet di soprassalto. Il respiro vagamente accelerato, le dita che indugiavano con i bordi della veste da notte tirata stranamente su. Cosa stava sognando? Era convinta che fosse qualcosa di piacevole, ma per quanto si sforzasse di ricordare non riusciva che a vedere per un attimo la stalla, poi più nulla.
martedì 17 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 15
Avvisata da una cameriera che i suoi genitori l'attendevano nel salone dei ricevimenti, Violet s'incamminò per i corridoi. «Thönet… cosa c'entra Thönet… per il gaudente Orifix! che mi sarà venuto in mente di nominarlo davanti a Kemal e alla cuoca? Thönet…».
«Thönet? Come dite, mia Signora?»
«Niente niente… A proposito, dov'è…?»
«…Chi…?»
«Ma Thöet! NOOO! Volevo dire appena vedi la cuoca dille di venire da me che devo chiederle una certa cosa…».
“Comunque Thönet lo stiamo cercando da tutta la mattina, mia Signora, sembra scomparso…».
«Come scomparso? Proprio ora che… sì, cioè, dopo che avrò parlato con i miei volevo farmi cavalc… farmi una cavalcata… mi sento un po' agitata da ieri notte…».
Già, dov'era finto Thönet, non era forse ridisceso verso le stalle? In effetti quella era la sua intenzione, ma, come abbiamo potuto vedere, il giovane era un po' distratto, per non dire proprio perso, dietro quell'unico, nuovo pensiero. Fu così che una volta arrivato al piano terreno, invece di uscire nel cortile proseguì fin giù nelle cantine dove trovò mastro Berlucco intento a selezionare i vini per il pranzo. Visto lo stalliere in quelle condizioni cercò di fargli raccontare cosa lo preoccupasse, ma ottenne in risposta solo mezze frasi sconnesse e l'unica cosa che capì con chiarezza fu "Violet". Da uomo navigato quale egli era e conoscendo bene la bellezza luminosa della ragazza, non gli ci volle molto per capire quale fosse il male del giovane e come cura cominciò a fargli assaggiare un mezzo bicchiere di rosso di una vecchia riserva. E poi un altro, e poi un altro…
Nel frattempo la contessina entrava nel salone proprio mentre veniva annunciata la duchessa Margaretha Dusten-Ciffen vedova von Lisoform che accompagnava suo figlio Bertrandugo Wolfangandrea III detto Biscottino, soprannome che mandava sua madre su tutte le furie e faceva scoppiare in grandi risate tutti quelli che lavoravano al loro castello: era cominciata la sfilata di presentazione dei pretendenti la mano di Violet…
«Thönet? Come dite, mia Signora?»
«Niente niente… A proposito, dov'è…?»
«…Chi…?»
«Ma Thöet! NOOO! Volevo dire appena vedi la cuoca dille di venire da me che devo chiederle una certa cosa…».
“Comunque Thönet lo stiamo cercando da tutta la mattina, mia Signora, sembra scomparso…».
«Come scomparso? Proprio ora che… sì, cioè, dopo che avrò parlato con i miei volevo farmi cavalc… farmi una cavalcata… mi sento un po' agitata da ieri notte…».
Già, dov'era finto Thönet, non era forse ridisceso verso le stalle? In effetti quella era la sua intenzione, ma, come abbiamo potuto vedere, il giovane era un po' distratto, per non dire proprio perso, dietro quell'unico, nuovo pensiero. Fu così che una volta arrivato al piano terreno, invece di uscire nel cortile proseguì fin giù nelle cantine dove trovò mastro Berlucco intento a selezionare i vini per il pranzo. Visto lo stalliere in quelle condizioni cercò di fargli raccontare cosa lo preoccupasse, ma ottenne in risposta solo mezze frasi sconnesse e l'unica cosa che capì con chiarezza fu "Violet". Da uomo navigato quale egli era e conoscendo bene la bellezza luminosa della ragazza, non gli ci volle molto per capire quale fosse il male del giovane e come cura cominciò a fargli assaggiare un mezzo bicchiere di rosso di una vecchia riserva. E poi un altro, e poi un altro…
Nel frattempo la contessina entrava nel salone proprio mentre veniva annunciata la duchessa Margaretha Dusten-Ciffen vedova von Lisoform che accompagnava suo figlio Bertrandugo Wolfangandrea III detto Biscottino, soprannome che mandava sua madre su tutte le furie e faceva scoppiare in grandi risate tutti quelli che lavoravano al loro castello: era cominciata la sfilata di presentazione dei pretendenti la mano di Violet…
lunedì 16 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 14
Inebetita dalla risposta, Violet rimase immobile per svariati minuti mentre un pezzo alla volta veniva vestita e acconciata per il ricevimento dei pretendenti.
Riscossasi di colpo prese la porta e corse alla torre del precettore e, senza nemmeno bussare, dilagò nella sua stanza urlando «Aio, sono in un guaio!».
Difficile spiegare in che situazione furono sorpresi Kemal e la cuoca. Probabilmente nemmeno certe stampe del lontano oriente si troverebbe nulla di simile. Comunque sia, con una freddezza inimmaginabile in un levantino, le rispose indispettito. «Ti sembra il modo di fare? …ehmmmm, no cara, non ticevo a te, continua pure così… Violet, ti ho detto un sacco di volte di non dire in quel modo! È una battuta da commedianti zigani!».
Violet cercò di mantenere un portamento consono a quanto le era stato insegnato, ma non per questo non rischiò lo strabismo parlando con il vecchio precettore e nello stesso tempo buttando l'occhio a quanto stava facendo la cuoca.
«Ecco, vedi Kemal, è che ho scoperto una cosa terribile, i miei genitori hanno deciso che devo sposarmi con uno sconosciuto!».
«E chi sarebbe?».
«Non lo so, ti ho detto che è sconosciuto!».
«Ma, bimba mia, se lo sposi… più lentamente tu… dicevo, se lo devi sposare avrà pure un nome!».
«No! Cioè, sì… o meglio, non lo so, perché ancora non si sa chi sia…».
«Un cavaliere senza nome?».
«No, vedi, è che da oggi tutti i pretendenti verranno a presentarsi al castello e io dovrei poi scegliere…».
«Ma è fantastico! Che vuoi di più?».
«Ma io non mi sento pronta… nessuno mi ha chiesto… cioè, forse sì… e non vedo perché tanta fretta… e poi ci sarebbe Thönet…».
Riscossasi di colpo prese la porta e corse alla torre del precettore e, senza nemmeno bussare, dilagò nella sua stanza urlando «Aio, sono in un guaio!».
Difficile spiegare in che situazione furono sorpresi Kemal e la cuoca. Probabilmente nemmeno certe stampe del lontano oriente si troverebbe nulla di simile. Comunque sia, con una freddezza inimmaginabile in un levantino, le rispose indispettito. «Ti sembra il modo di fare? …ehmmmm, no cara, non ticevo a te, continua pure così… Violet, ti ho detto un sacco di volte di non dire in quel modo! È una battuta da commedianti zigani!».
Violet cercò di mantenere un portamento consono a quanto le era stato insegnato, ma non per questo non rischiò lo strabismo parlando con il vecchio precettore e nello stesso tempo buttando l'occhio a quanto stava facendo la cuoca.
«Ecco, vedi Kemal, è che ho scoperto una cosa terribile, i miei genitori hanno deciso che devo sposarmi con uno sconosciuto!».
«E chi sarebbe?».
«Non lo so, ti ho detto che è sconosciuto!».
«Ma, bimba mia, se lo sposi… più lentamente tu… dicevo, se lo devi sposare avrà pure un nome!».
«No! Cioè, sì… o meglio, non lo so, perché ancora non si sa chi sia…».
«Un cavaliere senza nome?».
«No, vedi, è che da oggi tutti i pretendenti verranno a presentarsi al castello e io dovrei poi scegliere…».
«Ma è fantastico! Che vuoi di più?».
«Ma io non mi sento pronta… nessuno mi ha chiesto… cioè, forse sì… e non vedo perché tanta fretta… e poi ci sarebbe Thönet…».
domenica 15 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 13
«A cena! sì, la invito a cena! …e dove? nella stalla…? forse è meglio un aperitivo, se solo sapessi cos'è… ah!, potrei portarle la luna… naaa… troppo banale… forse un brillante grosso come… come… u… una noce! no, di più! due noci! ecco sì! …già, ma nemmeno se mi vendessi come schiavo troverei gli scudi sufficienti… ahia! quale figlio di un onagro recalcitrante ha messo lì quello scalino? …dunque dicevo… la primavera, ecco, sì, le donerei la primavera, campi di fiori da abbracciare e su cui rotolarsi, profumi che stordiscono i sensi, un ruscello che l'accarezzi con lo scorrere delle sue acque e un cielo azzurro consapevole di non poter uguagliare i suoi occhi… e…», così borbottando fra sé, Thönet percorreva scale e corridoi per tornare alle stalle. Quelli che lo incontravano scuotevano la testa al vederlo ancor più perso del solito nei suoi sogni, alcuni provarono inutilmente a salutarlo.
Violet, nel frattempo, era riuscita a riemergere e a divincolarsi dalla stretta dell'anziana cameriera. Uscita dall'acqua si era quasi strappata la veste inzuppata e si era avvolta nel lenzuolo per asciugarsi.
«Insommaaa!!! Si può sapere cosa sta succedendoooo??? Qualcuno si vuol degnare di spiegarmi??»
Le serve più giovani si voltarono tutte verso quella che era considerata un'istituzione al castello, sperando che in qualche modo riuscisse a calmare Violet.
«Che domande, lo sapete benissimo, da oggi comincia il ricevimento dei pretendenti alla Vostra mano…».
Violet, nel frattempo, era riuscita a riemergere e a divincolarsi dalla stretta dell'anziana cameriera. Uscita dall'acqua si era quasi strappata la veste inzuppata e si era avvolta nel lenzuolo per asciugarsi.
«Insommaaa!!! Si può sapere cosa sta succedendoooo??? Qualcuno si vuol degnare di spiegarmi??»
Le serve più giovani si voltarono tutte verso quella che era considerata un'istituzione al castello, sperando che in qualche modo riuscisse a calmare Violet.
«Che domande, lo sapete benissimo, da oggi comincia il ricevimento dei pretendenti alla Vostra mano…».
sabato 14 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 12
Il mattino dopo Violet fu svegliata all'alba. La cosa era insolita, per cui ci volle parecchio perché capisse cosa le stava succedendo intorno, anche perché quella notte era andata a dormire molto tardi, stanca per la cavalcata e con l'animo inquieto, senza un motivo ben preciso. Le cameriere correvano di qua e di là per la stanza tirando fuori vesti lussuose, scarpette damascate e gioielli vari che nemmeno sapeva di avere.
Seduta sul letto, lo sguardo ancora indeciso fra il sonno e la veglia, cercò a tastoni gli stivali gettati via poche ore prima, ma fu subito bloccata dalla cameriera più anziana che la trascinò quasi di peso nella tinozza fra i gridolini e gli sguardi divertiti delle altre. Mentre cercava di capire cosa le stesse succedendo, prima che potesse aprire bocca, si sentì sollevare un polpaccio e graffiare la gamba e il piede da un bruschino manovrato tanto sapientemente quando rudemente. Il contraccolpo la fece affondare fino alla fronte e il tramestio che ne conseguì servì a svuotare mezza tinozza e ad allagare il pavimento.
«…ptù! …anf… Si può sapere che diavolo di una stirpe di hobbit incrociati con orchesse di angiporto sta succedendo??? È forse già calendimaggio???»
L'anziana serva le rivolse uno sguardo impassibile e austero e riprese a strusciare l'altra gamba con la stessa intensità. Violet cercò di ribellarsi col solo risultato di ritrovarsi appesa con le braccia fuori della tinozza nel gigantesco sforzo di tenere qualche secondo il naso fuori dall'acqua.
In quel momento si affacciò Thönet, i guanti che la giovane aveva lasciati nella stalla stretti fra le mani. Per un secondo Violet girò la testa verso di lui, l'acqua che le scorreva sul viso, i lunghi capelli fradici sparsi malamente per ogni dove e, cosa estremamente imbarazzante di cui si rese conto solo più tardi, il sedere con la veste praticamente tatuata addosso tanto da separare maliziosamente le due metà. Thönet gettò i guanti nella stanza e si smaterializzò nell'istante stesso in cui Violet prorompeva in un grido ormai solo di disperazione: «CAAA…BLUBBBB…» finendo con la testa completamente sott'acqua.
Seduta sul letto, lo sguardo ancora indeciso fra il sonno e la veglia, cercò a tastoni gli stivali gettati via poche ore prima, ma fu subito bloccata dalla cameriera più anziana che la trascinò quasi di peso nella tinozza fra i gridolini e gli sguardi divertiti delle altre. Mentre cercava di capire cosa le stesse succedendo, prima che potesse aprire bocca, si sentì sollevare un polpaccio e graffiare la gamba e il piede da un bruschino manovrato tanto sapientemente quando rudemente. Il contraccolpo la fece affondare fino alla fronte e il tramestio che ne conseguì servì a svuotare mezza tinozza e ad allagare il pavimento.
«…ptù! …anf… Si può sapere che diavolo di una stirpe di hobbit incrociati con orchesse di angiporto sta succedendo??? È forse già calendimaggio???»
L'anziana serva le rivolse uno sguardo impassibile e austero e riprese a strusciare l'altra gamba con la stessa intensità. Violet cercò di ribellarsi col solo risultato di ritrovarsi appesa con le braccia fuori della tinozza nel gigantesco sforzo di tenere qualche secondo il naso fuori dall'acqua.
In quel momento si affacciò Thönet, i guanti che la giovane aveva lasciati nella stalla stretti fra le mani. Per un secondo Violet girò la testa verso di lui, l'acqua che le scorreva sul viso, i lunghi capelli fradici sparsi malamente per ogni dove e, cosa estremamente imbarazzante di cui si rese conto solo più tardi, il sedere con la veste praticamente tatuata addosso tanto da separare maliziosamente le due metà. Thönet gettò i guanti nella stanza e si smaterializzò nell'istante stesso in cui Violet prorompeva in un grido ormai solo di disperazione: «CAAA…BLUBBBB…» finendo con la testa completamente sott'acqua.
venerdì 13 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 11
«io… io…».
«Chi…? - fece Violet - Ah, sei tu… Cosa c'entrano gli yo-yo? Che poi non so nemmeno che cosa siano…».
«…ehmmm… no… dicevo… io credo che… ecco… sì… era un'antica usanza della contea di mio pa… cioè, dove vivevano i miei genitori…».
«I tuoi genitori? Ah beh, sì, certo, anche tu… E che contea sarebbe?».
«Thun …cioè… è inutile che Vi dica il nome, non la conoscete sicuramente…».
«E comunque dicevi che era un'antica usanza? In che senso? Possibile che non ne sappia nulla con tutte le ore di araldica comparata, usanze e costumanze e diavolerie simili con cui mi ha appassito i boccoli aio Kemal?».
«Beh, ecco, vedi… ehmmmm… scusate altezza… vedete, a primavera si è soliti dare inizio alla stagione di caccia e i giovani cavalieri si sfidano nei boschi per giornate intere. Per salvaguardare la selvaggina però vengono risparmiati i cuccioli e per fare questo, prima di cominciare una battuta i cavalieri adottano una specie e si tingono le mani con il colore degli animali prescelti e s'impegnano a difenderne le cucciolate…».
Nel dire queste ultime parole, Thönet trovò il coraggio di alzare appena gli occhi, incrociando così la luce di quelli di Violet, già a cavallo, rimasta con le labbra leggermente dischiuse e lo sguardo misto della consueta sensualità e di una meno abituale incredulità. Un mare nelle cui profondità il giovane si sarebbe gettato volontariamente senza chiedere niente in cambio.
"Uno stalliere che usa parole di 5 sillabe? E anche la frase non era costruita male per essere un villano… Certo, non ha usato parole greche o latine, chessò, 'a catuli defendendi'… più o meno… E poi non è nemmeno tanto più vecchio di me. Qui al castello non c'è mai verso di trovare qualcuno al di sotto dei 60 anni con cui parlare un po' senza sentir storpiare la nostra bella lingua!".
Così dicendo si era intanto allontanata dalla stalla cavalcando lentamente, senza aver nemmeno salutato il povero Thönet. Questi era caduto a sedere su una balla di fieno e per sorreggersi si era appoggiato a uno steccato e stava accarezzando con dolcezza una sella, lo sguardo perso verso una stella che già faceva capolino nel cielo sullo sfondo fuori della stalla.
«Chi…? - fece Violet - Ah, sei tu… Cosa c'entrano gli yo-yo? Che poi non so nemmeno che cosa siano…».
«…ehmmm… no… dicevo… io credo che… ecco… sì… era un'antica usanza della contea di mio pa… cioè, dove vivevano i miei genitori…».
«I tuoi genitori? Ah beh, sì, certo, anche tu… E che contea sarebbe?».
«Thun …cioè… è inutile che Vi dica il nome, non la conoscete sicuramente…».
«E comunque dicevi che era un'antica usanza? In che senso? Possibile che non ne sappia nulla con tutte le ore di araldica comparata, usanze e costumanze e diavolerie simili con cui mi ha appassito i boccoli aio Kemal?».
«Beh, ecco, vedi… ehmmmm… scusate altezza… vedete, a primavera si è soliti dare inizio alla stagione di caccia e i giovani cavalieri si sfidano nei boschi per giornate intere. Per salvaguardare la selvaggina però vengono risparmiati i cuccioli e per fare questo, prima di cominciare una battuta i cavalieri adottano una specie e si tingono le mani con il colore degli animali prescelti e s'impegnano a difenderne le cucciolate…».
Nel dire queste ultime parole, Thönet trovò il coraggio di alzare appena gli occhi, incrociando così la luce di quelli di Violet, già a cavallo, rimasta con le labbra leggermente dischiuse e lo sguardo misto della consueta sensualità e di una meno abituale incredulità. Un mare nelle cui profondità il giovane si sarebbe gettato volontariamente senza chiedere niente in cambio.
"Uno stalliere che usa parole di 5 sillabe? E anche la frase non era costruita male per essere un villano… Certo, non ha usato parole greche o latine, chessò, 'a catuli defendendi'… più o meno… E poi non è nemmeno tanto più vecchio di me. Qui al castello non c'è mai verso di trovare qualcuno al di sotto dei 60 anni con cui parlare un po' senza sentir storpiare la nostra bella lingua!".
Così dicendo si era intanto allontanata dalla stalla cavalcando lentamente, senza aver nemmeno salutato il povero Thönet. Questi era caduto a sedere su una balla di fieno e per sorreggersi si era appoggiato a uno steccato e stava accarezzando con dolcezza una sella, lo sguardo perso verso una stella che già faceva capolino nel cielo sullo sfondo fuori della stalla.
giovedì 12 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 10
Nel salone intanto dopo baci e abbracci fra i due genitori, ambedue erano spariti seguiti da un corteo di servi e cameriere per organizzare tutto l'apparato necessario per gestire la faccenda: ricevimento delle proposte, feste, contrattazioni fra sensali, nonché un bel torneo finale.
Violet si trovò quindi da sola e con ancora il dubbio su cosa le avesse chiesto suo padre. Non essendoci altri a cui domandare decise di scendere alle stalle e fare una cavalcata al chiaro di luna intorno al castello.
Là trovò il giovane addetto ai cavalli, Thönet de Floràns, arrivato un paio di anni prima in seguito a vicende mai chiarite con certezza. Egli, tutte le volte che la vedeva apparire abbassava prontamente lo sguardo. Non era però il gesto tipico dei contadini e dei villani, aveva comunque un qualcosa di fiero e anche il modo in cui parlava tradiva un'origine diversa da quella della sua attuale condizione. Thönet però, quale che fosse la sua storia, non poteva incontrare gli occhi di Violet, vuoi perché stalliere, vuoi perché invariabilmente cadeva in uno stato catatonico, lo sguardo perso e la bocca semiaperta. Oltre a sembrare deficiente, non riusciva nemmeno più a muoversi e ad eseguire gli ordini della giovane e andava sempre a finire che doveva sellarsi lei stessa il cavallo. Anche in questo caso le cose non furono diverse. Se non che, mentre sistemava le briglie, lei buttò lì una domanda, quasi parlasse a sé stessa: «Sai nulla tu di cosa possono averci a che fare i colori dei cuccioli a primavera con le mani dei cavalieri?»
Ora, provate a immaginarvi la scena: già bastava la sua apparizione per inebetirlo, la domanda di per sé non aveva alcun senso, e probabilmente Violet per la prima volta gli rivolgeva la parola direttamente senza parlare di fieno o finimenti e selle.
A volte però succedono cose che non ci si aspetterebbero. Thönet infatti si riscosse d'un tratto e uscì dal sogno in cui era piombato cercando di dare una risposta logica a quanto di insensato gli era stato richiesto.
Violet si trovò quindi da sola e con ancora il dubbio su cosa le avesse chiesto suo padre. Non essendoci altri a cui domandare decise di scendere alle stalle e fare una cavalcata al chiaro di luna intorno al castello.
Là trovò il giovane addetto ai cavalli, Thönet de Floràns, arrivato un paio di anni prima in seguito a vicende mai chiarite con certezza. Egli, tutte le volte che la vedeva apparire abbassava prontamente lo sguardo. Non era però il gesto tipico dei contadini e dei villani, aveva comunque un qualcosa di fiero e anche il modo in cui parlava tradiva un'origine diversa da quella della sua attuale condizione. Thönet però, quale che fosse la sua storia, non poteva incontrare gli occhi di Violet, vuoi perché stalliere, vuoi perché invariabilmente cadeva in uno stato catatonico, lo sguardo perso e la bocca semiaperta. Oltre a sembrare deficiente, non riusciva nemmeno più a muoversi e ad eseguire gli ordini della giovane e andava sempre a finire che doveva sellarsi lei stessa il cavallo. Anche in questo caso le cose non furono diverse. Se non che, mentre sistemava le briglie, lei buttò lì una domanda, quasi parlasse a sé stessa: «Sai nulla tu di cosa possono averci a che fare i colori dei cuccioli a primavera con le mani dei cavalieri?»
Ora, provate a immaginarvi la scena: già bastava la sua apparizione per inebetirlo, la domanda di per sé non aveva alcun senso, e probabilmente Violet per la prima volta gli rivolgeva la parola direttamente senza parlare di fieno o finimenti e selle.
A volte però succedono cose che non ci si aspetterebbero. Thönet infatti si riscosse d'un tratto e uscì dal sogno in cui era piombato cercando di dare una risposta logica a quanto di insensato gli era stato richiesto.
mercoledì 11 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 9
Entrata nella sala fu accolta dal padre che la prese lesto sotto braccio con fare gioviale e sotto lo sguardo attento e complice della madre, la portò sul balcone conversando sull'ottima stagione e sui colori del tramonto in primavera:
«Vedi cara - proseguì poi - tutta la natura in questo periodo sembra gridare il suo rinnovato vigore…».
In sottofondo sì sentì un lontano "Kemallllllll… sììì ancoraaaa…".
«…e l'aria stessa ha un odore diverso, nuovo, direi allegro se non fosse improprio per definire un odore…».
E intanto: "Oooooooohhhh… che bellooooooooo… cosìììììì…".
«…tutto sembra parlare di amore - proseguì un po' imbarazzato - e anche gli animali del bosco sì… ehmmm… sposano per poi avere dei cuccioli…».
"…no, lì no! Kemal! NO! HO DETTO DI… sììì… oooohhhh… che màl… sììì… continuaaaa…".
«E quindi con tua madre avremmo pensato che alla tua età forse potresti pensare di prendere in considerazione uno dei tanti cavalieri che vengono al nostro castello a chiedere la tua mano!»
"…oooooooooooohhhhhhhhhhh…"
Violet, distratta dai gemiti di sottofondo che ormai faceva fatica a ricollegare a una lezione di qualsiasi tipo di disciplina, aveva sentito solo qualche parola fra le tante balbettate a fatica dal padre e non riusciva a comprendere bene cosa c'entrassero i colori dei cuccioli a primavera con le mani dei cavalieri.
Di conseguenza, quando il genitore cercò di avere una qualche risposta alla domanda, fatta peraltro senza uno straccio di punto interrogativo, non trovò di meglio che dire un «Beh, sì, certamente…», che lei riteneva del tutto innocuo.
La gioia del padre e l'enfasi con cui annunciò gridando mentre rientrava nel salone «Ha accettato!!!», non l'aiutarono comunque a capire. Non sentendo più nessun suono dal basso, decise quindi di indagare a cosa avesse dato la sua approvazione.
«Vedi cara - proseguì poi - tutta la natura in questo periodo sembra gridare il suo rinnovato vigore…».
In sottofondo sì sentì un lontano "Kemallllllll… sììì ancoraaaa…".
«…e l'aria stessa ha un odore diverso, nuovo, direi allegro se non fosse improprio per definire un odore…».
E intanto: "Oooooooohhhh… che bellooooooooo… cosìììììì…".
«…tutto sembra parlare di amore - proseguì un po' imbarazzato - e anche gli animali del bosco sì… ehmmm… sposano per poi avere dei cuccioli…».
"…no, lì no! Kemal! NO! HO DETTO DI… sììì… oooohhhh… che màl… sììì… continuaaaa…".
«E quindi con tua madre avremmo pensato che alla tua età forse potresti pensare di prendere in considerazione uno dei tanti cavalieri che vengono al nostro castello a chiedere la tua mano!»
"…oooooooooooohhhhhhhhhhh…"
Violet, distratta dai gemiti di sottofondo che ormai faceva fatica a ricollegare a una lezione di qualsiasi tipo di disciplina, aveva sentito solo qualche parola fra le tante balbettate a fatica dal padre e non riusciva a comprendere bene cosa c'entrassero i colori dei cuccioli a primavera con le mani dei cavalieri.
Di conseguenza, quando il genitore cercò di avere una qualche risposta alla domanda, fatta peraltro senza uno straccio di punto interrogativo, non trovò di meglio che dire un «Beh, sì, certamente…», che lei riteneva del tutto innocuo.
La gioia del padre e l'enfasi con cui annunciò gridando mentre rientrava nel salone «Ha accettato!!!», non l'aiutarono comunque a capire. Non sentendo più nessun suono dal basso, decise quindi di indagare a cosa avesse dato la sua approvazione.
martedì 10 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 8
Dopo aver ascoltato numerosi sogni, Violet cominciò a formulare una sua teoria sul loro significato che non aveva niente a che vedere con le arti divinatorie dell'epoca classica. Ella pensava che la mente di notte formulasse dei pensieri usando una simbologia e che quindi i sogni andassero letti come un'iscrizione geroglifica.
Un pomeriggio di primavera, dopo un veloce pasto, corse veloce alla studiolo del precettore, sicura di poterlo convincere della bontà delle sue idee e di poter rintuzzare qualsiasi contestazione del saggio. Bussò due tre volte sempre più concitata, finché non vide passare un servitore in corridoio al quale chiese notizia dell'aio. Questi rispose: «Dove volete che sia? Come sempre sarà dietro le cucine a dare una ripassata alla cuoca!» e proseguì per la sua strada sghignazzando.
Indispettita Violet si apprestò a scendere pensando tra sé: «Ah, che gente! Invece di ridere farebbe bene a seguire anche lui le lezioni di Kemal! Non si sa nemmeno esprimere… "una ripassata"… tse! "Ripassare qualcosa con qualcuno" si dice, che diamine! …Anche in latino… ehmmmm… "Repetere aliquid cum aliquo"… qualcosa del genere almeno…». Nel frattempo entrata nelle cucine non vi trovò nessuno ma sentì la voce della cuoca, distinguibile per la cadenza veneta, che diceva: «…ahio… che màl… ahio… Kemal, non smettere… ancora… ancora… che màl… Kemal… ooohhhh…». «Caspita - pensò - è ancora più appassionata di me negli studi!».
E stava già per aprire la porticina che dava sul giardino quando la sua attenzione fu richiamata da una cameriera che le disse che suo padre l'attendeva nella sala.
Un pomeriggio di primavera, dopo un veloce pasto, corse veloce alla studiolo del precettore, sicura di poterlo convincere della bontà delle sue idee e di poter rintuzzare qualsiasi contestazione del saggio. Bussò due tre volte sempre più concitata, finché non vide passare un servitore in corridoio al quale chiese notizia dell'aio. Questi rispose: «Dove volete che sia? Come sempre sarà dietro le cucine a dare una ripassata alla cuoca!» e proseguì per la sua strada sghignazzando.
Indispettita Violet si apprestò a scendere pensando tra sé: «Ah, che gente! Invece di ridere farebbe bene a seguire anche lui le lezioni di Kemal! Non si sa nemmeno esprimere… "una ripassata"… tse! "Ripassare qualcosa con qualcuno" si dice, che diamine! …Anche in latino… ehmmmm… "Repetere aliquid cum aliquo"… qualcosa del genere almeno…». Nel frattempo entrata nelle cucine non vi trovò nessuno ma sentì la voce della cuoca, distinguibile per la cadenza veneta, che diceva: «…ahio… che màl… ahio… Kemal, non smettere… ancora… ancora… che màl… Kemal… ooohhhh…». «Caspita - pensò - è ancora più appassionata di me negli studi!».
E stava già per aprire la porticina che dava sul giardino quando la sua attenzione fu richiamata da una cameriera che le disse che suo padre l'attendeva nella sala.
lunedì 9 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 7
Un pomeriggio, una delle sue cameriere personali, raccontò di aver sognato di essere su un cavallo nero con una lunga veste blu con strane decorazioni, forse delle scritte magiche. Galoppando veloce in un bosco si era ad un tratto trovata davanti una vecchia. Questa le aveva detto che il vestito era destinato a Violet che avrebbe dovuto prenderlo da una cassapanca e indossarlo dopo aver bevuto un infuso fatto con le erbe che lo ricoprivano. Detto ciò la donna era scomparsa e al suo posto era apparso uno strano fiore con i petali neri con delle venature turchesi che sembravano palpitare. Lo stelo, di almeno un metro di altezza, era legnoso e cosparso di spine, con dei filamenti che lo avvolgevano fino alla corolla. Le foglie, come i petali, avevano un aspetto morbido, quasi carnoso nella loro consistenza. Il profumo che emanava era ambiguo ed inquietante, piacevole come base ma con degli strani picchi di acidità che irritavano le narici. L'ultimo ricordo della cameriera era una fuga precipitosa a cavallo mentre alle sue spalle il fiore sembrava quasi singhiozzare…
Al risveglio la giovane si accorse di essere caduta dal paglieriggio e di aver strappato il lenzuolo. Il sudore le incollava la veste al corpo e la candela accanto al letto, rovesciatasi, le aveva disegnato con la cera ancora calda un fiore molto simile a quello del sogno su un seno. Nel camino le braci scoppiettavano senza fiamma e la sua gatta era indietreggiata con fare circospetto fino alla porta.
Al risveglio la giovane si accorse di essere caduta dal paglieriggio e di aver strappato il lenzuolo. Il sudore le incollava la veste al corpo e la candela accanto al letto, rovesciatasi, le aveva disegnato con la cera ancora calda un fiore molto simile a quello del sogno su un seno. Nel camino le braci scoppiettavano senza fiamma e la sua gatta era indietreggiata con fare circospetto fino alla porta.
domenica 8 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 6
Inutile dire che il suo precettore, Aio Kemal, era molto orgoglioso di lei. Quindi non lo diremo.
Spesso però si trovavano in disaccordo quando Violet insisteva per voler studiare le reazioni e il comportamento della mente umana tralasciando gli aspetti filosofici e teologici. Kemal sosteneva che erano idee blasfeme e senza futuro né possibilità di applicazione pratica. Violet dal canto suo, una notte aveva sognato un uomo con una lunga barba bianca e degli strani vetri tondi sugli occhi sdraiato su un lettino, che, mentre lei vergava parole su un papiro dandogli le spalle, le raccontava un sogno: l'anziano era disperato perché un suo amico di vecchia data si era sempre vantato di avere tre calamai di colore diverso dove intingere la sua penna. Egli, pur non avendo mai avuto il desiderio di cambiare, sentiva dentro di sé un'invidia che non capiva da cosa provenisse. Da qui la giovane decise di dedicarsi a quella che lei stessa chiamò "psicomanzia": sistemata una sedia e un divanetto in una stanza della sua torre, faceva entrare a turno la servitù e si faceva raccontare i loro sogni.
Spesso però si trovavano in disaccordo quando Violet insisteva per voler studiare le reazioni e il comportamento della mente umana tralasciando gli aspetti filosofici e teologici. Kemal sosteneva che erano idee blasfeme e senza futuro né possibilità di applicazione pratica. Violet dal canto suo, una notte aveva sognato un uomo con una lunga barba bianca e degli strani vetri tondi sugli occhi sdraiato su un lettino, che, mentre lei vergava parole su un papiro dandogli le spalle, le raccontava un sogno: l'anziano era disperato perché un suo amico di vecchia data si era sempre vantato di avere tre calamai di colore diverso dove intingere la sua penna. Egli, pur non avendo mai avuto il desiderio di cambiare, sentiva dentro di sé un'invidia che non capiva da cosa provenisse. Da qui la giovane decise di dedicarsi a quella che lei stessa chiamò "psicomanzia": sistemata una sedia e un divanetto in una stanza della sua torre, faceva entrare a turno la servitù e si faceva raccontare i loro sogni.
sabato 7 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 5
Gli anni passarono senza che Violet aprisse mai la cassapanca dov'era stato riposto il vestito. I genitori dimenticarono presto l'accaduto, considerato né più né meno uno scherzo di una vecchia uscita di senno. Per uno strano caso o forse per un altro incantesimo, neppure la servitù toccò più la veste, che rimase quindi ben custodita.
La giovane si era nel frattempo distinta nei confronti delle altre nobili per il suo carattere riservato ma pronto ad esplodere in una gioiosa allegria e per la capacità di tenere testa agli anziani eruditi che frequentavano il castello anche su questioni filosofiche che all'epoca impegnavano le menti più illuminate. Per mesi si parlò di una disputa durata un'intera notte, avuta con il medico-filosofo olandese Pool Van Tonneth sulla nota teoria dei "rigurgiti", per la quale il taumaturgo suggeriva "ex moenia divertimentum rigurgita facilior" in contrasto con Violet che prevedeva "rigurgita non tollit in aliis domus".
La giovane si era nel frattempo distinta nei confronti delle altre nobili per il suo carattere riservato ma pronto ad esplodere in una gioiosa allegria e per la capacità di tenere testa agli anziani eruditi che frequentavano il castello anche su questioni filosofiche che all'epoca impegnavano le menti più illuminate. Per mesi si parlò di una disputa durata un'intera notte, avuta con il medico-filosofo olandese Pool Van Tonneth sulla nota teoria dei "rigurgiti", per la quale il taumaturgo suggeriva "ex moenia divertimentum rigurgita facilior" in contrasto con Violet che prevedeva "rigurgita non tollit in aliis domus".
venerdì 6 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 4
Un altro luminare siriano, El-dot-Hur, si perse in strani calcoli che combinavano l'astrologia, i bioritmi e la temperatura basale, per dimostrare inconfutabilmente che, qualora il duecentesimo ciclo fosse coinciso con il sole nel leone e venere in bilancia nella stessa casa, la giovane avrebbe sofferto di crisi anche ben peggiori di quella. Come rimedio suggeriva di immergerla in una vasca piena di ananas.
I contadini della zona, ricordando antiche leggende, preferirono anticipare la mietitura del grano e si dice anche che circa nove mesi dopo ci fu uno strano incremento della natalità.
In realtà la vecchia strega si era limitata a correggere la cioccolata in tazza di Violet con un distillato di vinaccia, sottratto da una vecchia riserva delle cantine del castello: la giovane era semplicemente in stato di ebrezza…
I contadini della zona, ricordando antiche leggende, preferirono anticipare la mietitura del grano e si dice anche che circa nove mesi dopo ci fu uno strano incremento della natalità.
In realtà la vecchia strega si era limitata a correggere la cioccolata in tazza di Violet con un distillato di vinaccia, sottratto da una vecchia riserva delle cantine del castello: la giovane era semplicemente in stato di ebrezza…
giovedì 5 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 3
Introdottasi con la magia nel castello, la strega aveva diluito una pozione nella colazione di Violet, così che la giovane fosse colta dalla frenesia che le fece mettere sotto sopra la torre a lei riservata. Se servi e cameriere quella sera andarono a letto senza cenare per la stanchezza, ella continuò fino all'alba ad aprire cassapanche e spostare vestiti da una stanza all'altra fino a crollare spossata sulle coperte senza togliersi nemmeno le scarpe. Dormì poi ininterrottamente per tre giorni e tre notti, tanto che i genitori fecero chiamare i migliori dottori della contea non capacitandosi della condizione della loro figlia.
Le teorie si sprecarono. Per i più era ovvio che fosse stata morsa da un basilisco e portavano a sostegno della tesi antichi testi, alcuni per altro leggendari, come il Bestiae ex nuvolae dicendae di Michele da Mausoleo o l'Hon-ne Sca-hrraf-uni di He-bel-a-mam-Hasoia, discusso naturalista arabo, i cui scritti furono messi all'indice pur non avendo conferme della loro pubblicazione.
Le teorie si sprecarono. Per i più era ovvio che fosse stata morsa da un basilisco e portavano a sostegno della tesi antichi testi, alcuni per altro leggendari, come il Bestiae ex nuvolae dicendae di Michele da Mausoleo o l'Hon-ne Sca-hrraf-uni di He-bel-a-mam-Hasoia, discusso naturalista arabo, i cui scritti furono messi all'indice pur non avendo conferme della loro pubblicazione.
mercoledì 4 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 2
Beh, direte Voi, che c'entra sta roba? Bisogna pur mangiare no? E anche nel medioevo avevano questo "vizio", per cui ho dovuto trovare degli sponsor per poter continuare l'opera…
Pubblicità:
La vostra Dama è infastidita da un drago? Spade Necandi, da secoli al servizio di ogni cavaliere che voglia dirsi tale! Ignifughe, ottimamente bilanciate, facili da usare! Lame Necandi… e siete già nel XII secolo! (A tutti quelli che ne prenotano una entro il 31 dicembre, in omaggio l'incisione del nome sulla lama. Per chi possiede molte contee, consigliata la spada a due mani).
Il Vostro cavaliere ha ucciso il drago che non vi faceva uscire dalla torre ma non siete ancora convinte dei suoi sentimenti? Fazzoletti ricamati Effecì, non il solito cotone! Lasciatelo cadere inavvertitamente all'uscita del portone, lo vedrete cadere ai Vostri piedi! Effecì aiuta a scegliere nella tradizione!
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La vostra Dama è infastidita da un drago? Spade Necandi, da secoli al servizio di ogni cavaliere che voglia dirsi tale! Ignifughe, ottimamente bilanciate, facili da usare! Lame Necandi… e siete già nel XII secolo! (A tutti quelli che ne prenotano una entro il 31 dicembre, in omaggio l'incisione del nome sulla lama. Per chi possiede molte contee, consigliata la spada a due mani).
Il Vostro cavaliere ha ucciso il drago che non vi faceva uscire dalla torre ma non siete ancora convinte dei suoi sentimenti? Fazzoletti ricamati Effecì, non il solito cotone! Lasciatelo cadere inavvertitamente all'uscita del portone, lo vedrete cadere ai Vostri piedi! Effecì aiuta a scegliere nella tradizione!
martedì 3 marzo 2009
…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 1
Per una volta sono riuscito ad arrivare in fondo, scrivendo un pezzetto ogni notte per poco più di due mesi, dal 23 dicembre 2008 al 2 marzo 2009 (saranno quindi 65 puntate quotidiane), saltando solo l'ultimo dell'anno. Doveva essere un raccontino, poi la tastiera mi ha preso la mano ed è diventato un romanzo breve. Il ritmo e i toni cambiano a seconda delle vicende e sicuramente dell'umore, ma mi sembra più giusto pubblicarlo così come è stato inviato quotidianamente alla musa che l'ha ispirato, in alcuni casi troverete dei link a Youtube, con dei brani che vorrebbero fungere da colonna sonora. Il testo è ovviamente influenzato dalle mie variegate letture, una su tutte Il Bestiario d'amore di Richard De Fournival, al quale mi sono ispirato per le metafore dei convegni amorosi.
Da quanto tempo cavalcava nel bosco? Perché vi era entrata? Il sentiero in certi punti era appena percettibile, in altri si allargava in radure dalle mille uscite, ma il cavallo continuava sicuro senza rallentare. La veste blu, almeno quella, la ricordava bene, era il suo portafortuna. Quando aveva 15 anni una donna anziana si era presentata ai suoi genitori e aveva lasciato in dono quel meraviglioso velluto che incredibilmente era dello stesso colore dei suoi occhi. Nel farlo li aveva raccomandati di custodirlo in una dimenticata cassapanca nella parte est del castello, e di coprirla con petali di rosa, chiodi di garofano, cannella e una polvere di cui non fece il nome e di cui aveva lasciato un sacchetto. Prima di dare spiegazioni era scomparsa e i genitori di Violet, non vedendo pericoli in quello che aveva detto la vecchia, avevano eseguito quanto suggerito.
Violet ne venne a conoscenza solo dopo qualche tempo. Quel giorno infatti si aggirava nei suoi appartamenti della torre sud facendo spostare pesantissimi mobili, casse ricolme di antichi volumi e suppellettili varie dalla servitù. Le cameriere impazzivano sistemando ora qua ora là decine di vestiti e calzature che la giovane, in uno stato febbrile assai lontano dalla sua naturale romantica tranquillità, non riusciva a decidere dove fosse meglio riporli. Distrutti dalla fatica, quattro giovani servi, lasciarono infine un''antica specchiera di tre metri di altezza in una posizione, rispetto al letto, che fece fuggire a tal vista l'anziano precettore della giovane che corse via segnandosi ripetutamente, sgranando rosari in un sommesso borbottio di riprovazione.
Nessuno, quando si svolsero i fatti, poteva supporre che lo stato di euforia di Violet e la presenza della vecchia al castello fossero in relazione. In realtà, l'anziana donna altri non era che una strega, assoldata dalla figlia di un ricco signore gelosissima della giovane. In tutta la contea, fin dalla sua nascita, i bardi facevano a gara a tessere le lodi dei suoi occhi, non c'era locanda dove non si sentissero strofe del tipo:
«…paion di ghiaccio, ma sciolgon i cuori,
se troppo la guardi saranno dolori.
Le notti insonni di poi passerai,
infin'al giorno che la rivedrai…»
Dedicato a Viola.
Da quanto tempo cavalcava nel bosco? Perché vi era entrata? Il sentiero in certi punti era appena percettibile, in altri si allargava in radure dalle mille uscite, ma il cavallo continuava sicuro senza rallentare. La veste blu, almeno quella, la ricordava bene, era il suo portafortuna. Quando aveva 15 anni una donna anziana si era presentata ai suoi genitori e aveva lasciato in dono quel meraviglioso velluto che incredibilmente era dello stesso colore dei suoi occhi. Nel farlo li aveva raccomandati di custodirlo in una dimenticata cassapanca nella parte est del castello, e di coprirla con petali di rosa, chiodi di garofano, cannella e una polvere di cui non fece il nome e di cui aveva lasciato un sacchetto. Prima di dare spiegazioni era scomparsa e i genitori di Violet, non vedendo pericoli in quello che aveva detto la vecchia, avevano eseguito quanto suggerito.
Violet ne venne a conoscenza solo dopo qualche tempo. Quel giorno infatti si aggirava nei suoi appartamenti della torre sud facendo spostare pesantissimi mobili, casse ricolme di antichi volumi e suppellettili varie dalla servitù. Le cameriere impazzivano sistemando ora qua ora là decine di vestiti e calzature che la giovane, in uno stato febbrile assai lontano dalla sua naturale romantica tranquillità, non riusciva a decidere dove fosse meglio riporli. Distrutti dalla fatica, quattro giovani servi, lasciarono infine un''antica specchiera di tre metri di altezza in una posizione, rispetto al letto, che fece fuggire a tal vista l'anziano precettore della giovane che corse via segnandosi ripetutamente, sgranando rosari in un sommesso borbottio di riprovazione.
Nessuno, quando si svolsero i fatti, poteva supporre che lo stato di euforia di Violet e la presenza della vecchia al castello fossero in relazione. In realtà, l'anziana donna altri non era che una strega, assoldata dalla figlia di un ricco signore gelosissima della giovane. In tutta la contea, fin dalla sua nascita, i bardi facevano a gara a tessere le lodi dei suoi occhi, non c'era locanda dove non si sentissero strofe del tipo:
«…paion di ghiaccio, ma sciolgon i cuori,
se troppo la guardi saranno dolori.
Le notti insonni di poi passerai,
infin'al giorno che la rivedrai…»
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