Inutile dire che il suo precettore, Aio Kemal, era molto orgoglioso di lei. Quindi non lo diremo.
Spesso però si trovavano in disaccordo quando Violet insisteva per voler studiare le reazioni e il comportamento della mente umana tralasciando gli aspetti filosofici e teologici. Kemal sosteneva che erano idee blasfeme e senza futuro né possibilità di applicazione pratica. Violet dal canto suo, una notte aveva sognato un uomo con una lunga barba bianca e degli strani vetri tondi sugli occhi sdraiato su un lettino, che, mentre lei vergava parole su un papiro dandogli le spalle, le raccontava un sogno: l'anziano era disperato perché un suo amico di vecchia data si era sempre vantato di avere tre calamai di colore diverso dove intingere la sua penna. Egli, pur non avendo mai avuto il desiderio di cambiare, sentiva dentro di sé un'invidia che non capiva da cosa provenisse. Da qui la giovane decise di dedicarsi a quella che lei stessa chiamò "psicomanzia": sistemata una sedia e un divanetto in una stanza della sua torre, faceva entrare a turno la servitù e si faceva raccontare i loro sogni.
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