Correva Violet sul suo destriero, lo sguardo fisso davanti a sé, gli occhi privi della loro luce naturale. Correva instancabile verso un destino sconosciuto, vittima di un incantesimo che lasciava al caso la scelta della sua sorte. Boschi, radure, campi di grano, ormai confusi dalle ombre della notte scorrevano anonimi davanti a lei che così bene li conosceva.
Al suo passaggio attraverso un villaggio lasciò uno strano senso di disagio su quanti, riconoscendola, erano accorsi sulle soglie e si erano inchinati per salutarla. Anche i cani abbandonarono la strada e si rifugiarono al sicuro nelle case uggiolando, i bambini più piccoli cominciarono a piangere all'unisono.
Correva Thönet con lo stallone del Conte. Correva seguendo un istinto. Più volte superò coppie di cavalieri che da ore battevano la zona inutilmente e che lo guardavano come fosse un'apparizione. Miglia e miglia talvolta incrociando la strada di Violet, in altri momenti tagliando per sentieri diversi ma sempre ritrovandola lungo un percorso tracciato da un cartografo folle.
Correva anch'egli senza sosta, senza cercare tracce, la mente lucida, dietro una certezza: l'avrebbe ritrovata. O sarebbe stata la morte.
Correva Violet, il vestito miracolosamente intatto nonostante il passaggio attraverso boschi e rovi. Il colore adesso era di un azzurro ghiaccio, con disarmoniche striature verde acquamarina, come un mare dalle acque cristalline ma prive di vita. Uno stridente contrasto fra la bellezza assoluta della giovane e del suo abbigliamento con la freddezza ultraterrena che lasciava al suo passaggio.
Correva Thönet, senza quasi toccare il suolo, il cavallo lanciato in una corsa sfrenata bruciando l'erba al suo passaggio, fuoco che ardeva, istinto puro, uomo e animale insieme. La natura sembrava guardarli passare con speranza, in un muto incitamento a non fermarsi.
Correvano Violet e Thönet. Per quanto ancora?
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