Al castello intanto il cavaliere era stato convinto a prolungare la sosta per far riposare il cavallo un giorno in più. Il successivo, mentre stava per salire sull'arcione, mastro Berlucco gli fece notare che il cavallo aveva bisogno di ferri nuovi, per cui fu chiamato un maniscalco dal villaggio. Nell'attesa, per buona misura, pensò di portare il cavaliere nelle cantine e di fargli assaggiare qualche buona bottiglia.
Non sapeva perché lo stesse facendo, ma non gli andava di deludere Thönet. Il tono con cui aveva chiesto di trattenere il cavaliere era stato molto simile a quello di chi è abituato a comandare. E poi, cosa c'entrava Violet con la marchesa di Floràns? Perché l'unica cosa certa era che il giovane era corso a cercare la contessina, che non doveva diventare marchesa di Floràns ma casomai duchessa di Serendipia o di Duodeno superiore o quel che era. A meno che… No, non poteva essere, Thönet era uno stalliere, non certo un nobile. Per quanto, al suo arrivo lui aveva notato che le mani del giovane erano molto curate, non piene di vesciche, asperità e tagli come ci si sarebbe aspettati. E non parlava come i contadini e nemmeno come un artigiano. Mah, l'unica era aspettare il suo ritorno per avere delle risposte, intanto bisognava tenere il cavaliere al castello con ogni mezzo, così aveva… ordinato!
«Ecco, assaggi questo Château Parbleu-Cucù del '71… guardi che colore, che riflessi rosso fegato… e che mi dice del profumo di bacca di velopendula e del retrogusto di salame di cinghiale tartufato?».
«Scì! Prisciso! Sciarsciufato… sci sciente sciubithic… scuss… banf…».
I 18 gradi dello Château Parbleu non perdonano, soprattutto se prima non si mangia una robusta dose di pasticcio di soprassata larderellata e ciccioli. Fu così che il povero cavaliere stramazzò al suolo col bicchiere ancora in mano cominciando a russare rumorosamente ancor prima di toccare terra.
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