mercoledì 18 marzo 2009

…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 16

Ottone V detto il Lustro, così nominato per l'assoluta calvizie, seguì a Erbengario IV di Peperlizia, contea rinomata per la varietà di ortaggi dal sapore acuto. Quindi fu la volta di Liutprando Farolfo di Voltate in Brianza, Gran Cavaliere del Supremo Ordine dei Custodi del Segreto della Chiave del Forziere del Mistero delle Mura del Tempio di Gerusalemme.
Va subito detto che non tutti i cavalieri erano aitanti giovani dalle lucenti armature arabescate e dai sostanziosi patrimoni familiari, al contrario, la gran parte di essi aveva ormai superato la mezza età e spesso emanava anche aromi tali da far scappare i servi meno avveduti in preda a conati violenti. La stessa madre di Violet, allorquando il duca Warfremio Liebig-Knorr, meglio noto come il Gran Glutammato, fece svolazzare il mantello girandosi per uscire, ebbe un mancamento dovuto ai miasmi di cipolla, carote e sedano emanati dal tessuto.

Ultimo, sul far del tramonto, fu Rupertomaria LXXVIII, barone di Roccafranata, detto il Sansnick perché essendo di famiglia numerosa i parenti non avevano trovato alcun soprannome che non fosse già stato dato ad altri.

Stanchi per la giornata Violet e i suoi genitori consumarono una veloce cena e si ritirarono nei loro appartamenti.

Violet una volta a letto cominciò a rigirarsi nervosamente in preda ai pensieri. Non era riuscita a parlare con la cuoca e Thönet era scomparso, tanto che i cavalieri che arrivavano al castello furono ricevuti di malavoglia da mastro Berlucco, l'unico che avesse una certa dimestichezza con i palafreni da condurre nella stalla.

Già, ma la domanda a cui non riusciva a dare risposta era «Perché anche durante la sfilata dei pretendenti aveva pensato quasi soltanto allo stalliere?».

Thönet intanto era stato chiuso a chiave dal cantiniere per evitare che facesse guai mentre era ubriaco fradicio. Lasciato solo aveva spostato decine e decine di bottiglie della riserva del castello in modo tale che quelle di vino rosso creassero come dei vuoti e le altre, più chiare formassero una parola in negativo per tutta la grandezza della parete della cantina: VIOLET.

Una volta finito si era addormentato e ora la stava sognando: Violet era rientrata da una cavalcata e lui per agevolarle la discesa dall'arcione le aveva fatto poggiare un piede fra le sue mani. Avvolto da un profumo di biancospino, cannella e noce moscata aveva preso a baciarlo. Le labbra erano quindi scivolate lungo la sottile caviglia e sembravano voler insistere sullo stesso punto come la risacca quando attende che la luna ordini alla marea di spingersi oltre ma…

Il verso di una civetta fattasi molto vicina alla finestra svegliò Violet di soprassalto. Il respiro vagamente accelerato, le dita che indugiavano con i bordi della veste da notte tirata stranamente su. Cosa stava sognando? Era convinta che fosse qualcosa di piacevole, ma per quanto si sforzasse di ricordare non riusciva che a vedere per un attimo la stalla, poi più nulla.

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