Inebetita dalla risposta, Violet rimase immobile per svariati minuti mentre un pezzo alla volta veniva vestita e acconciata per il ricevimento dei pretendenti.
Riscossasi di colpo prese la porta e corse alla torre del precettore e, senza nemmeno bussare, dilagò nella sua stanza urlando «Aio, sono in un guaio!».
Difficile spiegare in che situazione furono sorpresi Kemal e la cuoca. Probabilmente nemmeno certe stampe del lontano oriente si troverebbe nulla di simile. Comunque sia, con una freddezza inimmaginabile in un levantino, le rispose indispettito. «Ti sembra il modo di fare? …ehmmmm, no cara, non ticevo a te, continua pure così… Violet, ti ho detto un sacco di volte di non dire in quel modo! È una battuta da commedianti zigani!».
Violet cercò di mantenere un portamento consono a quanto le era stato insegnato, ma non per questo non rischiò lo strabismo parlando con il vecchio precettore e nello stesso tempo buttando l'occhio a quanto stava facendo la cuoca.
«Ecco, vedi Kemal, è che ho scoperto una cosa terribile, i miei genitori hanno deciso che devo sposarmi con uno sconosciuto!».
«E chi sarebbe?».
«Non lo so, ti ho detto che è sconosciuto!».
«Ma, bimba mia, se lo sposi… più lentamente tu… dicevo, se lo devi sposare avrà pure un nome!».
«No! Cioè, sì… o meglio, non lo so, perché ancora non si sa chi sia…».
«Un cavaliere senza nome?».
«No, vedi, è che da oggi tutti i pretendenti verranno a presentarsi al castello e io dovrei poi scegliere…».
«Ma è fantastico! Che vuoi di più?».
«Ma io non mi sento pronta… nessuno mi ha chiesto… cioè, forse sì… e non vedo perché tanta fretta… e poi ci sarebbe Thönet…».
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