Ciò detto avanzò nel silenzio del salone e, una volta davanti a Violet la baciò sulle labbra. Quindi la prese per mano e s'inginocchiò davanti ai suoi genitori: «La mia vita è al servizio di Vostra figlia, sarò il suo campione. In cambio, la sua mano.».
Nella sala scoppiò il caos, gli amici di Thönet urlavano e cantavano la loro gioia, i pochi sostenitori di Necario e del duca Ruperto rivendicavano invece l'applicazione di antiche leggi e tradizioni cavalleresche, alcune anche decadute in base agli accordi di Norimberga.
Dopo parecchie ore di caos fu stabilito che il marchese di Floràns, alias Thönet lo stalliere, avrebbe combattuto in torneo contro il rappresentante del duca Ruperto, Gunnar Lotario VII, detto Infamia delle Quindici Nazioni, nobile decaduto per l'abominio e l'abiezione delle sue azioni, sospettato organizzatore della notte di Omne pertugio aptus est, nonché Gran Sacerdote dei Figli di Obimini.
Per una settimana i cavalieri si sarebbero sfidati nei vari giochi, dai più lunghi tipo il Célomanca, suddiviso in più giornate, al rapido e senza pietà Tua la sòra, piccola macchia di disonore di numerose casate dell'Impero. Squadre selezionate si sarebbero confrontate al Tiro della fune ricoperta di allume o al Lancio della provola troppo stagionata, che invariabilmente finiva in rissa perché i giudici rifiutavano di avvicinarsi troppo per le misurazioni.
Nell'ultima giornata, Thönet e Gunnar, si sarebbero sfidati nel duello finale, un'unica regola: sopravvivere.
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