lunedì 27 aprile 2009

…con una lunga veste blu, su un nero destriero, al trotto veloce in un bosco… 56

Clarette fu la prima a svegliarsi, Berlucco la trovò in piedi all'uscita del sentiero che avevano percorso, dove era scomparso Thönet.
«Sperate di vederlo apparire?» le chiese.

«Sì, è sicuramente vivo. Lo conosco troppo bene, non abbandonerà mai Violet.».

«Se volete, ora che c'è più luce, potremmo tornare indietro per cercare delle tracce, anche se con questo terreno…».

«Credo anch'io che sia inutile, cerchiamo di ritrovare almeno il rastaliano.».

Doppeldrim avrebbe voluto tornare indietro, in quanto cavaliere del marchese di Floràns riteneva suo dovere accertarsi della sua fine. Purtroppo però dovette convenire che il fondo roccioso e la nebbia avrebbero reso vano ogni tentativo. Inoltre dividersi non avrebbe avuto senso e non poteva certo lasciare Clarette con mastro Berlucco, che in caso di attacco avrebbe opposto una resistenza ben scarsa.

Raccolte le poche cose ripartirono e, non avendo motivo per scegliere l'una o l'altra strada, si incamminarono per quella di destra. Fu solo dopo un po' che si accorsero che a terra c'erano delle tracce di sangue.

Clarette rabbrividì, forse aveva perso il suo migliore amico, quello con cui era cresciuta e che aveva sempre sperato di sposare e forse anche quello strano cavaliere conosciuto nel bosco e che le aveva fatto palpitare il cuore con la sua bellezza e il suo rigore, era ferito e stava andando incontro a chissà quali pericoli.

Tipo strano il Custode, non tanto perché aveva resistito alle sue avances, quanto per i suoi modi rudi ma riservati, la sua disciplina e le sue dannate regole. Se ci ripensava le pareva di sentire ancora l'odore dei cadaveri che era stata costretta a spostare. Non li aveva seppelliti, ma fatti rotolare in un avvallamento poco distante dal punto dove si erano accampati e poi li aveva coperti di frasche. Non era riuscita a fargli dire una sola parola il giorno successivo, nemmeno dopo la sfuriata per averla lasciata indietro a sellarsi il cavallo. Ora però sarebbe stato meglio averlo con loro durante l'attraversamento della gola.

Mentre la percorrevano in silenzio il vento creava con l'eco dei suoni distorti, lugubri e la nebbia, in alcuni punti più fitta, contribuiva a far immaginare delle ombre in movimento, un odore disgustoso li spronava ad un'andatura sollecita.

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