Anche mastro Berlucco si distinse vincendo un titolo nella specialità Doppio malto alla spina, riuscendo a bere 18 pinte direttamente dalla botte stando sdraiato su una panca.
Kemal dal canto suo disquisiva con saggi e precettori delle varie contee di questioni filosofiche e teologiche. Dal tempo della riforma del gaudente Orifix la diatriba principale era "libet quod non licet aut licet quod libet?". Nei secoli si erano formate tre scuole di pensiero: la principale, sostenuta dal noto filosofo Pirottino il Bavoso da Porcate sul Reno, sosteneva che "licet quod libet inter aliis qui libet quod licet sentiis aliquorum inter omnes pro patria morituri". I suoi detrattori sostenevano che il Bavoso non sapeva il latino e che la tesi era stata enunciata in evidente stato di alterazione alcolica e se il filosofo aveva così largo seguito era solo per l'ignoranza della gente nei riguardi dell'antica lingua e perché per sostenere quanto diceva offriva sempre da bere a tutti.
Una seconda interpretazione era quella dei territori orientali secondo cui "libet et licet in moenia tua, ignoranti proximi", essenziale nell'esposizione del dotto Sifàm-anon-Sedìc, che raccolse le sue teorie in diciotto volumi finemente illustrati, stranamente catalogati ormai fra la letteratura erotica invece che fra le teorie filosofiche.
La più recente scuola sosteneva "utcumque ponere budellum memento", tesi divulgata da Scrotino il Lanoso da Stoccolma, che però fu presto incarcerato con l'accusa di circonvenzione di minorenne e atti di libidine violenta su un cavedano.
Milady, nonostante un occhio nero rimediato nella rissa con Violet, non perdeva occasione per far toccare a Thönet un altro ricordo della discussione con la rivale, una cicatrice sul seno che assicurava essere dolorosissima. Il giovane marchese, imbarazzato, balbettava delle scuse per allontanarsi il prima possibile.
Necario, attraverso le sue guardie sguinzagliate per ogni dove, non si perdeva niente di quello che succedeva fuori e dentro il castello.
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