Deep Purple - Child in Time 1970
http://www.youtube.com/watch?v=BJCTrolF3CY&feature=related
(leggere non troppo velocemente)
Per prima cosa doveva cercare di riprendere il pieno controllo della sua mente, che ancora sentiva percorsa da invisibili lacci che strisciavano come serpenti sulla sua superficie. Ancora delle piccole scosse, dei lampi, flash improvvisi, ombre con artigli, Lotario che gli crollava addosso, Violet con le mani serrate sotto il grembo come a sorreggere un peso, Berlucco che stappava qualità pregiate dei suoi vini…
Dove si trovava? Cos'era successo dopo che si erano infilati nel canalone stretto e soffocante? Ricordava di essere andato avanti per primo, dietro di lui Berlucco, Clarette e Doppeldrim, prima a cavallo e poi a piedi, nell'aria fetida e fumosa, con le rocce che spuntavano come dei rostri dalle pareti. Poi un urlo, uno strappo e la sensazione di vuoto, di colpi su ogni parte del corpo, artigli e pietre che gli laceravano la carne e la caduta senza fine, mentre rotolava nel buio perdendo il senso dell'orientamento. Poi solo frammenti di incubi. Si guardò gli arti cosparsi di ferite, si toccò il volto incrostato di sangue.
Da quando aveva stretto l'artefatto di Violet era però divenuto spettatore silente di un blasfemo balletto di ombre in continua oscena mutazione. Come dietro una feritoia, all'esterno di una torre, osservava la scena non visto. Un essere immondo banchettava e rideva disgustosamente sdraiato sul suo trono. A prima vista non si era reso conto che lo scranno era vivo e che si potevano percepire dei movimenti continui di schiave deformi ammassate lubricamente in un unico e continuo amplesso contro natura.
Disgustato dalla scena distolse lo sguardo e concentrò il pensiero sull'azione. Le forze stavano lentamente tornando, anche se era ben lontano dal suo abituale vigore fisico. Girandosi intorno vide che purtroppo la spada era a parecchi metri da lui, vicina alla fine della galleria dalla quale doveva essere rotolato fin lì. Un rapido controllo gli fece appurare che il coltello nello stivale era ancora al suo posto. Non un granché come arma, ma sarebbe dovuta bastare.
Se non si stava sbagliando era il monile che gli permetteva di isolarsi da quanto succedeva nella grotta. Provò a muoversi verso l'angolo del trono. Gli orchi di guardia non si mossero. Era invisibile? Ma allora come mai nessuno si era accorto che era scomparso? Forse erano tutti vittime di un'allucinazione come quelle che aveva subito lui fino a poco prima? Decise che non era un suo problema e che nell'eventualità che fosse sopravvissuto ne avrebbe tranquillamente discettato con Kemal bevendo amabilmente uno dei liquori di Berlucco.
Continuò ad avanzare già abituato a quella strana situazione. I metri che lo dividevano da quello che doveva essere il sovrano di quell'orrido regno diminuivano uno dopo l'altro, era ormai quasi ai piedi del trono quando Garthalothep fece cessare la danza ordinando ai due orchi di portargli il prigioniero.
Questi si mossero insieme verso il punto dove avrebbe dovuto trovarsi Thönet scontrandosi sonoramente. Il giovane d'istinto si girò mollando momentaneamente la presa sull'occhio di pietra che portava al collo facendo cessare l'incantesimo. Un urlo inumano squassò la caverna. Garthalothep lo vide davanti a sé col pugnale nella destra. Gettò uno sguardo esterrefatto verso i due guardiani. Esplose quindi in una serie di imprecazioni, urla e ordini, rendendosi conto che non aveva altri armati nell'immensa sala di roccia. Cercò di riprendere il controllo della mente di Thönet che lottando disperatamente raccolse tutte le forze per lanciarsi col pugnale teso verso l'occhio del sovrano.
Fu un attimo. Per quanto impossibile da descrivere una luce nera avvampò dalla testa di Garthalothep risucchiando il pugnale e le ossa del cranio del re degli abissi. Le schiave avvinghiate si trasformarono in un ribollente ammasso di violacee alghe spugnose. Il terreno ruggì spaccandosi alla base del trono. I due orchi, parzialmente intontiti, rimasero incerti se darsi alla fuga o bloccare Thönet, il quale, ripresosi dallo sgomento e dall'orrore, afferrò l'artefatto di Violet e si slanciò verso la galleria, raccogliendo la sua spada prima di scomparirvi all'interno.
Dietro di lui continuava l'assordante rumore di rocce misto a urla, gemiti indistinti e strida agghiaccianti di ossa e carni maciullate da forze ignote.
Dopo una corsa che sembrava non finire mai si rese conto d'un tratto di essere all'esterno. La luminosità delle stelle quasi gli ferì gli occhi che subito si inumidirono per la gioia. Ormai al sicuro rivolse uno sguardo alla costellazione di Orifix e il suo pensiero volò subito a Violet.
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